Quali saranno i nostri stili di vita dopo che l'uscita dalla pandemia ci permetterà di tornare a "come eravamo prima"? Cambierà il nostro modo di vivere?
Una prima risposta a queste domande cruciali arriva dall’indagine Ipsos, realizzata in collaborazione con Waste Watcher International Observatory, che ha messo a confronto le risposte dei cittadini di 30 Paesi del mondo intorno ai comportamenti sullo spreco alimentare del post-pandemia: dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Russia al Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Svezia, dalla Turchia alla Cina, dall’India al Brasile, all’Australia.
"Verso comportamenti più responsabili"
La transizione verso comportamenti più virtuosi è il focus dell’indagine che evidenzia come proprio la prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari sia il comportamento al centro dell’attenzione dei cittadini di tutto il mondo in direzione dello sviluppo sostenibile.
In Italia lo dichiarano 4 intervistati su 10 (il 39%), che affermano di volersi impegnare, a fine pandemia, "per evitare di gettare il cibo".
Ma non è questo l’unico comportamento virtuoso desiderato dagli italiani: il 34%, infatti, risponde di volersi spostare in modalità più sostenibile in futuro, "a piedi oppure in bicicletta".
Ancora 1 italiano su 3 acquisterà "solo ciò di cui c’è realmente bisogno".
E ancora: il 31% lavorerà da casa, il 26% andrà in vacanza nei luoghi che non richiedono aereo e 1 italiano su 4, il 25%, dichiara che "acquisterà cose usate".
L’indagine ha inquadrato 30 Paesi del mondo: è in Messico (63%), Sud Africa (59%), Turchia (52%), in India (49%) in Brasile a Arabia Saudita (45%) e in Cina (40%) che l’attenzione allo spreco alimentare svetta in vista dei comportamenti virtuosi per lo sviluppo sostenibile sulla Terra post-pandemica.
Meno sensibili alla questione sembrano essere i cittadini russi (25%), australiani e canadesi (30%), statunitensi (33%).
In Perù (61%) e Colombia (60%) l’impegno sarà soprattutto per la mobilità sostenibile, mentre in Europa è la Spagna che si aggiudica questo primato (37%).
La carta d’identità dei cittadini che si impegneranno nella prevenzione degli sprechi inquadra innanzitutto gli under 35 nelle fasce di alta scolarizzazione e alto reddito, mentre sono particolarmente sensibili sul fronte della mobilità sostenibile i 35-49enni, e gli under 50 valutano di proseguire la loro attività professionale in smart working, uomini soprattutto.
L’indagine, condotta fra il 19 febbraio e il 5 marzo 2021, ha raccolto le risposte di campioni statistici per ciascuno dei 30 Paesi: 21.011 cittadini complessivi di età compresa fra 16 e 74 anni (52% donne, 48% uomini), intervistati con metodologia Cawi.
L'educazione alimentare
"I riscontri dell’indagine - osserva il Direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero - confermano la tendenza monitorata nell’ultimo biennio e accentuatasi con la pandemia: quel patto degli italiani col cibo che sembra essersi rinsaldato nei lunghi mesi del distanziamento. 6 italiani su 10 dichiarano di aver cambiato il modo di fare la spesa: 1 italiano su 2 (il 47,2%) ha introdotto la lista della spesa, il 20% dichiara di averla sistematicamente adottata. Insomma, il lockdown ha imposto agli italiani un corso accelerato di educazione alimentare e di economia domestica perché sono stati costretti a restare a casa. Ma gli italiani dimostrano di aver ben compreso anche le implicazioni dello spreco alimentare per la salute dell’ambiente e la propria. È questa l’eredità positiva della pandemia, che tuttavia fra le sue tragiche conseguenze include anche la drammatica accentuazione del food divide, il divario alimentare che si aggiunge alle diseguaglianze economiche, educative, digitali, di genere. Restituire valore al cibo e garantire il diritto per tutti i cittadini resta la strada maestra per colmare questo squilibrio, in Italia e nel mondo".
"I risultati della ricerca condotta su 30 Paesi da parte di Ipsos, mostrano un’evoluzione importante negli atteggiamenti delle persone - precisa Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos -. Una crescita di coscienza globale sull’importanza che l’ambientale ha nelle diverse opinioni pubbliche. Non sprecare cibo e comprare solo quello che è necessario, senza eccedere, non significa privarsi di qualcosa, ma fare un gesto di presa in carico del futuro della Terra e delle future generazioni. Mettere al primo posto la riduzione dello spreco alimentare, non è solo un atto di buona volontà, ma evidenzia che nelle persone sta scattando la necessità di passare da una dimensione ideologica e astratta, a una dimensione concreta, fatta di atti precisi, di azioni cui tutti possono contribuire. Un mutamento che può avere riflessi politici significativi, perché nel medio lungo periodo può far crescere, in ampi segmenti delle opinioni pubbliche globali, l’indisponibilità a fare ulteriori sconti a quei governi che non mettono ai vertici della loro agenda strategica il tema ambientale e del futuro del pianeta".
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