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Rigoni: "restaurati i dipinti delle lunette di Santa Maria Novella"

A Firenze il quinto intervento a favore dell'arte dell'azienda veneta: recuperati gli affreschi di alcune lunette del Chiostro Grande

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23

Febbraio
2021

Rigoni di Asiago, azienda veneta specializzata nella produzione biologica di miele, confetture e creme di nocciola, ha sostenuto l’intervento di restauro, appena concluso, dei dipinti delle lunette lato est ed angolo lato sud del Chiostro Grande di Santa Maria Novella.
Il restauro, che rientra nel progetto Florence I Care, promosso nel 2011 dal Comune di Firenze con lo scopo di valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico grazie a partner privati, avviene dopo che l'azienda veneta ha sostenuto nel 2015 l’intervento di recupero dell’Atrio dei Gesuiti (l’entrata storica del Palazzo di Brera a Milano), nel 2016/2017, il restauro dell’originale della statua di San Teodoro, primo Patrono di Venezia, in Palazzo Ducale, nel 2018 il restauro della fontana "Venezia sposa il mare" nel cortile di Palazzo Venezia a Roma, e nel 2019 il restauro della Chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone a Matera.

Il restauro in Santa Maria Novella è particolarmente significativo non solo per il valore storico e artistico dell’opera, ma anche perché avviene in un momento così delicato per tutto il Paese. "Il complesso di Santa Maria Novella - sottolinea l’assessore alla cultura del Comune di Firenze Tommaso Sacchi - è al centro da alcuni anni di un vasto progetto di valorizzazione e recupero di spazi da destinare in primo luogo all’ampliamento museale, non a caso è qui che nascerà il nuovo museo della lingua italiana. Anche se i nostri musei sono in questo momento chiusi non cessiamo di lavorare per la loro cura e la loro tutela, in attesa di tornare ad accogliere di nuovo quanto prima e in sicurezza i visitatori".
"Desidero ringraziare il Comune di Firenze, la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Firenze e Fondaco Italia - dichiara Andrea Rigoni Amministratore Delegato di Rigoni di Asiago - per aver reso possibile la nostra partecipazione all’iniziativa che ci ha permesso di coinvolgere anche Firenze. Spero che questa attenzione che abbiamo deciso di riversare sull’arte per valorizzare anche la nostra azienda possa essere da stimolo e creare interesse in altre realtà industriali."

Il contesto

Il Chiostro fa parte del convento domenicano annesso alla basilica di Santa Maria Novella ed è il più grande della città. Composto da 56 arcate a tutto sesto, fu edificato tra il 1340 e il 1360. L’iniziativa di decorare il Chiostro Grande fu assunta dai Domenicani con il consenso del Granduca.

Per l’esecuzione di questo vasto ciclo vennero reclutati oltre quindici pittori dell’Accademia fiorentina. Gli affreschi vennero dipinti in massima parte fra il 1582 e il 1590, ad eccezione di pochissime scene terminate fra il ‘600 ed il ‘700.

Il ciclo, che si dispiega su ben cinquantadue lunette, è considerato uno degli esempi più rappresentativi della pittura della Controriforma per l’ampiezza, il programma iconografico e la chiarezza didascalica delle storie: è incentrato sulla Vita di San Domenico.
Sulle lunette delle quattro campate angolari del chiostro sono raffigurate scene della Vita di Cristo, che introducono e chiudono la sequenza narrativa di ciascun lato; altri episodi cristologici sono inclusi nella decorazione a grottesche delle corrispondenti volte, le uniche del chiostro ad essere affrescate.

Il restauro

Quando i restauratori sono stati chiamati a intervenire su opere sulle quali sono state già effettuate operazioni di restauro, lo scenario prende un aspetto di difficile lettura. Bisogna, in base all’epoca del precedente intervento, capire quali potessero essere allora i mezzi a disposizione degli operatori che si trovavano a risolvere problemi di disgregazione dei supporti o consunzione dei colori dovuti a umidità o agenti atmosferici. Fondamentale era arginare la perdita della pellicola pittorica e bloccare le solfatazioni, talvolta inesorabili, con le tecniche e la diagnostica che dovevano fare ancora passi da gigante nei tempi a venire; soprattutto individuare le materie giuste, frutto ancora di intuizioni pioneristiche.

Un affresco che viene realizzato in un chiostro, se pur al coperto, deve fare comunque i conti con le intemperie e le escursioni termiche stagionali, che segnano sulla superficie dipinta il loro passaggio nel corso degli anni.

Sulle lunette del chiostro grande di Santa Maria Novella si è dovuto comprendere per ogni superficie dipinta, il metodo intrapreso nel precedente intervento. Tutti gli affreschi sono stati, se pur in tempi diversi, staccati dal supporto murario originale. Questa operazione così potente nel suo significato, era, allora, l’unico vero modo per mettere in salvo la pittura da una consunzione inarrestabile, causata sia dall’ubicazione esterna, sia da tragici eventi come l’alluvione del 1966 che vide l’acqua, intrisa di ogni impurità, coprire per metà la superficie dipinta. Lo stacco, prevede lo "sradicamento" dell’intonaco dipinto dal supporto murario. Mediante un’intelatura dal davanti, fissata tramite incollaggio con colla animale rimovibile, la pittura viene così posta in sicurezza, al sicuro dal percuotimento, che distaccherà l’intonaco dalla parete. Una volta rimosso l’eccesso di malta, viene posto da tergo, una tela che ancora l’intonaco dipinto, che è bloccato, in seguito, su un nuovo supporto che farà le veci del muro.
L’intonaco di un affresco staccato viene molto assottigliato e il velo pittorico va dai 2 ai 4 millimetri circa; una pellicola pittorica così sottile, perde spesso di adesione nel tempo e come prima operazione si sono consolidate tutte quelle parti in procinto di staccarsi.
In secondo luogo si è iniziata l’operazione della pulitura, che è stata intrapresa seguendo sostanzialmente tre gradi di modalità, differenziandola in base ai sedimenti da rimuovere. Oltre ai sedimenti atmosferici, dovevano essere rimossi, su alcune superfici, dei cosiddetti "beveroni", una miscela pigmentata legata con colle organiche, applicata a velatura, talvolta sull’intera superficie; vecchio metodo per risolvere squilibri cromatici e allo stesso tempo portare a tono le lacune.

Su due lunette particolarmente alterate e intrise di materie incoerenti, è stata effettuata una pulitura più profonda, eseguita con impacco di pasta di legno e carbonato di ammonio. Il restauro pittorico su superfici così provate, prende un’importanza fondamentale.

Considerando i diversi stati di conservazione e le diverse modalità di pulitura eseguite, si è intervenuti pittoricamente abbassando per gradi le lacune, partendo da quelle più estese fino a quelle più piccole e collegabili tra loro, attraverso una sensibilizzazione dei toni di colore più vicini alla superfice originale, riuscendo in molti casi a ricostituire le linee compositive e ridare migliore lettura della raffigurazione.
I lavori sono stati eseguiti da C.E.R. Consorzio Edile Restauratori di Firenze

La progettazione e il posizionamento del nuovo impianto illuminotecnico è stato realizzato da Enel X.

Nella foto: San Vincenzo Ferrer risana gli infermi
Nono decennio del sec. XVI. Cosimo Gamberucci (1562 - 1621)


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