Pubblicato il documento di posizione di Slow Food Italia sulla carne prodotta in laboratorio

Pubblicato il documento di posizione di Slow Food Italia sulla carne prodotta in laboratorio

La proposta: ridurre il consumo e abbandonare l’allevamento intensivo

Notizie dal mondo agroalimentare:
prodotti, mercati, tecnologie, processi di filiera

24

Maggio
2023

A cura della Redazione F&T

Una soluzione al problema dell’insostenibilità del consumo di carne a livello globale c’è, ma non la si sta percorrendo abbastanza.

Slow Food Italia ha appena diffuso la propria posizione sul tema della carne coltivata, produzione industriale, consumi di carne e le loro conseguenze, oltre che su allevamento e agricoltura sostenibili, azioni promosse dall’associazione, attraverso le proprie reti e i propri progetti.

Gli attuali consumi di carne in Occidente sono insostenibili: dal 1960 a oggi, la produzione di carne è aumentata di cinque volte e, secondo la Fao, potrebbe raddoppiare entro il 2050.

In Italia si attestano intorno ai 79 kg annui a testa: inferiori a Paesi come Stati Uniti, Australia, Spagna e Germania, ma quasi il doppio della media mondiale, che nel 2014 era stimata in 43 kg.

"Soddisfare l’attuale domanda globale di carne ha richiesto il cosiddetto approccio industriale o intensivo. Un metodo che ha sì assicurato carne (quasi) per tutti, ma a condizioni ingiuste, inaccettabili e insostenibili. Secondo Slow Food, per frenare questa deriva basterebbe ridurre il consumo di carne nei Paesi del nord del mondo, dando concretezza alla auspicata transizione proteica, piuttosto che promuovere la carne coltivata. Un' ipotesi che per diverse ragioni, secondo noi, non rappresenta una soluzione saggia da percorrere" dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.

Il modello intensivo ha infatti tolto gli animali dal pascolo e dagli spazi all’aperto, ha richiesto enormi quantità di mangimi, per ottenere i quali si coltivano milioni di ettari di suolo agricolo o di aree deforestate, spesso ricorrendo a un uso importante di pesticidi e fertilizzanti chimici di sintesi, provocando una serie conseguenze dal punto di vista ambientale, sfruttando risorse preziose (suolo e acqua in primis), e contribuendo alle emissioni climalteranti causa della crisi climatica.

Nel Documento di posizione di Slow Food Italia sulla carne coltivata appena pubblicato si legge: “Il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori ma si affronta analizzando con onestà il modello che ha originato questa distorsione e intervenendo per modificarlo radicalmente”.

No, dunque, alla soluzione tecnologica. Ecco perché: con la carne coltivata si perderebbe definitivamente il legame tra il cibo e il luogo in cui viene prodotto, le conoscenze e la cultura locali, il sapere e le tecniche di lavorazione.

Da una decina di anni la ricerca scientifica sta lavorando allo sviluppo di sostituti della carne prodotti con tecniche di coltura cellulare, facendo moltiplicare in liquidi di coltura cellule staminali di animali. Al momento, queste alternative alla carne naturale sono autorizzate solo negli Stati Uniti e a Singapore. Il processo di produzione è molto costoso, per questo la carne cosiddetta “coltivata” a oggi non è competitiva e ci sono ancora molte difficoltà tecniche da superare per renderne possibile la produzione su larga scala.
I principali soggetti coinvolti nello sviluppo della carne coltivata sono gli stessi che dominano la filiera della carne, dalla coltivazione della soia utilizzata come mangime fino alla commercializzazione e distribuzione, e puntano semplicemente a un nuovo grande business, seguendo le stesse logiche e gli stessi strumenti (brevetti e monopoli).

"È necessario ricercare una soluzione di più ampio respiro, che metta in discussione le abitudini di consumo, invece di cercare la risposta soltanto nella tecnologia, nei brevetti industriali e nei laboratori" continua Nappini.

"Occorre puntare su un allevamento sostenibile, rimettere in equilibrio allevamento e agricoltura, animali e terra, mettere al centro la fertilità del suolo, il rispetto per gli animali, la tutela della biodiversità dei pascoli, la cura delle aree montane e la rigenerazione delle terre di pianura, riscoprire la coltivazione e il consumo dei legumi" conclude la presidente di Slow Food Italia.

Foto: René Schindler da Pixabay

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