Pre-Food Systems Summit 2021 a Roma

Pre-Food Systems Summit 2021 a Roma

Dal 26 al 28 luglio si svolgerà a Roma il Pre-Food Systems Summit che farà il punto sui progressi compiuti per il raggiungimento degli SDGs entro il 2030

Notizie dal mondo agroalimentare:
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23

Luglio
2021

In vista del Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, che si svolgerà, insieme all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2021 a New York, il governo italiano ospiterà a Roma il Pre-Food Systems Summit dal 26 al 28 luglio 2021. L'evento ha l'obiettivo di consolidare i progressi raggiunti grazie al coinvolgimento del pubblico, la consultazione e la raccolta dei dati, in un percorso avviato nel 2020.
Dallo scorso anno, infatti, il Summit ha ospitato regolari incontri online, discussioni pubbliche e sondaggi organizzati attorno ai cinque percorsi d'azione (garantire l'accesso a cibo sicuro e nutriente per tutti; passare a modelli di consumo sostenibili; aumentare la produzione positiva per la natura; promuovere mezzi di sussistenza equi; costruire la resilienza alle vulnerabilità, agli shock e allo stress) per garantire un'ampia gamma di prospettive e idee per lo sviluppo di sistemi alimentari che soddisfino le esigenze di tutti.

In vista dell'incontro la Fondazione Barilla ha scattato una fotografia della situazione per “ripensare il nostro approccio al cibo, dal campo alla tavola, per la salute del pianeta e dei suoi abitanti”.

La posizione di Barilla

Se da una parte il Covid-19 è stata una delle principali cause che ha portato a 768 milioni le persone che soffrono la fame, dall’altra parte va considerato che i nostri sistemi alimentari contribuiscono anche alle emissioni totali nette di gas serra (fino al 37%) e all’impronta idrica dell’umanità (del 92%), aggravando l’insicurezza alimentare globale. Se nei prossimi 9 anni continueremo a produrre e consumare cibo come fatto finora, contrastare gli alti tassi di mortalità e malattie non trasmissibili connessi alla dieta ci costerà ogni anno oltre 1.300 miliardi di dollari, mentre i costi connessi alle emissioni di gas a effetto serra associati ai correnti pattern alimentari ce ne costeranno oltre 1.700, ovvero poco meno della ricchezza prodotta in un anno in Italia.

Il pre-summit di Roma, come pure il vertice convocato dal Segretario Generale António Guterres a settembre a New York, sono appuntamenti fondamentali per il mondo: i leader politici dovranno affrontare concretamente il problema alimentare e la correlata emergenza ambientale, trovando soluzioni che incoraggino, per esempio, lo sviluppo di una legislazione vincolante in materia di sprechi, o una maggiore trasparenza sui processi produttivi degli alimenti in commercio e dunque sulle emissioni di gas serra che ne derivano. Chiaramente, però, il sistema funziona se ogni cittadino fa la sua parte. Non è impossibile. Basta imparare a ‘mangiare con la testa’, prima che con la bocca” - sostiene Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla.

Mangiare con la testa

Ma cosa vuol dire "mangiare con la testa”? Fondazione Barilla ha provato a rispondere a questa domanda, lanciando, nel 2018, SU-EATABLE LIFE, il progetto europeo che, partendo dalle mense aziendali ed universitarie, promuove menù sani e sostenibili, ovvero pasti che richiedono, per la loro produzione, meno di 1 kg di emissioni di CO2 equivalente e di 1.000 litri di acqua virtuale - rispetto all'attuale impatto medio per pasto di un cittadino europeo, che "pesa” circa 1,8 kg di CO2 eq. Per provare è disponibile il ricettario sostenibile online, sviluppato nell'ambito del progetto.

Earth Overshoot Day

L’importanza di fare fronte comune per trovare soluzioni concrete è confermata dall’ampio e variegato pubblico che parteciperà all’evento: dalle organizzazioni della società civile ai rappresentanti delle comunità indigene, dagli agricoltori e leader politici agli esponenti del settore privato, che metteranno sul tavolo idee e proposte per innescare un’inversione di rotta che non può più attendere. Un’urgenza, questa, messa in risalto anche dal fatto che quest’anno l’Earth Overshoot Day cadrà proprio il 29 luglio (è stato il 20 agosto nel 2020), il giorno successivo alla chiusura dell’evento ONU. Secondo i calcoli degli esperti, in questa data avremo consumato tutte le risorse naturali che la Terra è in grado di produrre in un anno e, da questo momento, l’umanità sarà ufficialmente “in debito” con il Pianeta.

“Urgente ripensare il sistema alimentare globale a partire dagli allevamenti intensivi” è il claim del WWF lanciato a pochissimi giorni dall'apertura del Vertice.

La posizione del WWF

Il WWF è impegnato nella campagna #Food4Future per ridurre drasticamente il consumo di carne e chiedere maggiore trasparenza di etichette e maggiori regole per allevamenti integrati nel ciclo biologico naturale.

Negli ultimi 50 anni - si legge nel report  “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne” - i consumi di carne hanno subito un netto incremento a livello globale, tanto che oggi nel mondo il 70% della biomassa di uccelli è composto da pollame destinato all’alimentazione umana. Solo il 30% sono uccelli selvatici. Ogni anno vengono macellati a scopo alimentare 50 miliardi di polli, di cui circa il 70% allevati in maniera intensiva. Tra i mammiferi, le proporzioni sono ancora più impressionanti: il 60% del peso dei mammiferi sul Pianeta è costituito da bovini e suini da allevamento, il 36% da umani e appena il 4% da mammiferi selvatici.

I consumi

Nel 2019, a livello globale, la produzione di carni (bovine, ovine, avicole e suine) è ammontata a 337 milioni di tonnellate, prodotte prevalentemente in sistemi intensivi. La carne suina rappresenta tipicamente oltre un terzo della produzione mondiale, il pollame il 39% e la carne bovina il 21%. L’Italia, con 23 milioni di capi allevati, è quarta in classifica in UE per numero complessivo di capi. Ogni 100 abitanti, ci sono circa 11 mucche, 14 maiali, 11 pecore e 1,75 capre.  

In media nel mondo oggi si consumano 34,5 kg di carne a testa l’anno, ma con grandi differenze tra i Paesi. In Italia il consumo medio è di quasi 80 kg a testa quando 60 anni fa erano 21 kg.

In avvicinamento al Pre-Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, il WWF si rivolge in primis alle istituzioni perché è il momento di riconoscere che la salute degli esseri umani è strettamente legata alla salute degli animali e dell’ambiente ed è urgente mettere in atto una transizione agroecologica anche della zootecnia in cui si eliminino progressivamente gli allevamenti intensivi industriali. È necessario che l’UE e l’Italia elimino i sussidi agli allevamenti intensivi e sostengano aziende agricole che producono con metodi biologici e estensivi.

Crisi climatica

Un altro notevole impatto degli allevamenti è quello sulla crisi climatica. Nel comparto agricolo, tra i maggiori responsabili della produzione di gas serra ci sono gli allevamenti intensivi che generano il 14,5% delle emissioni totali. Le emissioni di azoto causate dagli allevamenti sono un terzo di quelle prodotte dall’uomo. A livello europeo, la produzione agricola è responsabile del 12% delle emissioni di gas serra: la maggior parte di queste emissioni - oltre il 60% - deriva dagli allevamenti, in particolare dal bestiame bovino. Inoltre, in Italia gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di inquinamento da polveri sottili, preceduti solo dal riscaldamento degli edifici.

Sono necessarie soluzioni in grado di cambiare alla radice un sistema che ha conseguenze drammatiche sul Pianeta. Serve attuare una transizione ecologica dei metodi di allevamento e delle pratiche agricole eliminando logiche rivolte al profitto che vedono sempre più animali allevati e prezzi sempre più bassi" sostiene Eva Alessi, responsabile Sostenibilità di WWF Italia.

Per realizzare questa transizione è inoltre indispensabile una comunicazione chiara e trasparente in etichetta affinché i consumatori possano conoscere il metodo di allevamento utilizzato e il livello di benessere animale.


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