28mila: a tanto ammontano le ore di pesca potenzialmente illegale nelle aree protette del Mediterraneo. L'accusa è mossa dalla ONG Oceana, organizzazione internazionale impegnata nella protezione dei mari, che presenterà i dati raccolti alla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) riunita a Tirana, in Albania.
È l'analisi dei segnali satellitari nel Mediterraneo, per inciso il mare più sovrasfruttato al mondo, basata sull’algoritmo di rilevamento della pesca Global Fishing Watch, a rilevare le ore di pesca apparente effettuate nel 2018 all’interno di aree protette.
"Meno dell’1% del Mar Mediterraneo è protetto da zone soggette a restrizione dell’attività di pesca, una superficie corrispondente più o meno alla Sicilia, e sembra che i pescherecci di alcuni Stati mediterranei siano coinvolti nella pesca illegale in queste zone" ha dichiarato Nicolas Fournier, Policy Manager di Oceana in Europa. Il caso più allarmante riguarda oltre 14mila ore di pesca apparente ad opera di 56 pescherecci con reti a strascico in tre zone soggette a restrizione dell'attività di pesca nel Canale di Sicilia. Dal 2017 è vietata la pesca a strascico in queste zone che fungono da vivaio per i giovani naselli, la specie più sfruttata del Mediterraneo, e per i gamberi rosa mediterranei.
Altre operazioni di pesca potenzialmente non autorizzate sono state osservate nelle acque di Libia, Tunisia, Siria, Egitto, Montenegro e Albania, ma Oceana non è riuscita a verificare se si trattasse di attività illegali poiché manca trasparenza sugli accordi di accesso al mare tra Paesi ed è difficile risalire alle autorizzazioni concesse.
Le richieste di Oceana alla Commissione sono quelle di
- migliorare la trasparenza sugli gli accordi di accesso alla pesca,
- rendere pubbliche le informazioni sui registri dei pescherecci
- migliorare il monitoraggio e il sistema di sanzioni, soprattutto nelle zone di restrizione della pesca.
Oceana priorities for GFCM 2019
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