A cura della Redazione F&T
Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato è da tempo impegnato, al fianco dei viticoltori, per salvaguardare e tutelare il patrimonio vitivinicolo del territorio nel rispetto della biodiversità e della sostenibilità. Da queste premesse prende vita AGEBA, il progetto intrapreso per rispondere ai cambiamenti climatici insieme a CREA-VE, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia Agraria Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia di Asti, all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, all’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore G. Penna e a dieci aziende agricole.
L’iniziativa è volta al recupero e valorizzazione del germoplasma antico del vitigno Barbera per il suo adattamento ai cambiamenti climatici.
"Nella zona dell’astigiano, assenza di precipitazioni temperature medie sempre più elevate, sono un problema reale e tangibile. La vendemmia di quest’anno è stata una delle più asciutte degli ultimi secoli. Per queste ragioni - dichiara il Presidente del Consorzio, Filippo Mobrici - il Consorzio ha voluto prendere in mano il tema della viticoltura del futuro e, insieme agli istituti di ricerca, cercare le risposte nel genoma delle viti antiche più resistenti. È probabile infatti che queste viti, sopravvissute con resilienza e adattamento alle sfide del passato, saranno più facilmente in grado di affrontare le sfide future."
Il progetto AGEBA ha un approccio genetico volto a individuare dei genotipi con caratteristiche di maggior adattabilità al cambio climatico. Tali caratteristiche, spiega il Consorzio, vanno ricercate nei singoli ceppi di Barbera, messi a dimora nel periodo di preselezione clonale, fino agli anni ’70 del secolo scorso, in quanto questi ceppi hanno dimostrato di essere incredibilmente adattivi e resistenti agli agenti biotici ed abiotici. Essendo sopravvissuti per diversi decenni, infatti, queste piante sono anche esenti dalle principali virosi e dalla Flavescenza Dorata, un flagello che ancora oggi colpisce la Barbera.
"Il progetto - conclude Mobrici - è sicuramente molto ambizioso. Ci troviamo ancora in fase preliminare e come sempre, quando si parla di ricerca sperimentale, non si può avere certezza di esito positivo. I presupposti però fanno ben sperare."
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