Tratto dall'intervento di Enrico Veschetti, Reparto di Igiene delle Acque Interne - Istituto Superiore di Sanità
Le fonti di approvvigionamento idrico sono diverse: sorgenti, pozzi, fiumi, laghi naturali, bacini artificiali, acque marine. Non sempre l’acqua profonda è sufficiente a garantire l’approvvigionamento per tutti gli utenti, pertanto si utilizzano anche le più superficiali che, rispetto alle acque profonde, sono meno protette dalle contaminazioni. I trattamenti condotti a livello di impianti industriali su un’acqua superficiale la rendono di qualità paragonabile ad un’acqua profonda. Il trattamento convenzionale per la potabilizzazione di un’acqua superficiale che avviene a livello industriale, comprende una serie di fasi. L’acqua viene estratta dal corpo idrico con dei sistemi di pompaggio e sottoposta a un primo screening grossolano per eliminare le impurità visibili (passaggio attraverso delle griglie). Seguono l’aerazione (l’aggiunta di O2 migliora le caratteristiche dell’acqua grazie all’azione dei microrganismi aerobi presenti), l’aggiunta di coagulanti (che catturano le sostanze inquinanti), la flocculazione, la sedimentazione (che porta via i germi indesiderati e molti contaminanti chimici presenti nell’acqua).
La disinfezione viene effettuata prima dello stoccaggio, in attesa che l’acqua vada nella rete di distribuzione fino ad arrivare nelle nostre case. In Italia la disinfezione viene fatta in quasi tutte le acque perché nella rete di distribuzione possono verificarsi contaminazioni che devono essere tenute sotto controllo.
La legislazione europea di riferimento è la direttiva 98/83/CE per la Tutela della salute pubblica dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone la salubrità e la pulizia. Recentemente questa direttiva è stata in parte modificata (modificati gli allegati 2 e 3): gli Stati membri hanno una maggiore flessibilità in termini di monitoraggio dell’acqua potabile e vengono specificati i requisiti che devono avere le procedure di analisi applicate dai laboratori per l’esecuzione dei controlli analitici.
L’attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano in Italia è il D.Lgs. 2 febbario 2001, nr 31. Il decreto definisce le caratteristiche di qualità essenziali per tutte le acque destinate al consumo umano (potabile, per la preparazione di alimenti o per l’igiene personale). Viene individuato un criterio base per il controllo dei parametri microbiologici e chimici e dei parametri “indicatori”. Il valore parametrico per i parametri chimici e microbiologici deve essere adeguato a garantire che le acque possano essere consumate in condizioni di totale sicurezza nell’intero arco della vita. Il valore dei parametri “indicatori” è idoneo a segnalare possibili interventi per correggere le anomalie che hanno determinato il loro superamento. L’obbligo di rientro è correlato alla sussistenza di rischi sanitari.
In Italia la responsabilità del controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano è a livello locale: le ASL, il sindaco, le ARPA, il gestore acquedottistico. L’Istituto Superiore di Sanità si occupa di vigilare sull’operato degli attori a livello locale. L’Istituto e il Ministero della Salute sono, a loro volta, controllati dalle Autorità Europee.
La qualità dell’acqua in Italia rispetta i requisiti richiesti nella maggior parte dei casi. I dati disponibili sulla qualità dell’acqua di distribuzione nel biennio 2011-2013, infatti, hanno mostrato un tasso medio di conformità superiore al 99.5%, in linea con la media europea.
Oltre al rispetto delle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche dell’acqua previste dalla norma, è fondamentale garantire anche il rispetto dei requisiti dei materiali a contatto. L’art. 9 c.1 del D.Lgs. 31/01 è relativo all’assicurazione di qualità del trattamento, delle attrezzature e dei materiali e prevede che:
1. Nessuna sostanza o materiale utilizzati per i nuovi impianti o per l'adeguamento di quelli esistenti, per la preparazione o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano, o impurezze associate a tali sostanze o materiali, deve essere presente in acque destinate al consumo umano in concentrazioni superiori a quelle consentite per il fine per cui sono impiegati e non debbono ridurre, direttamente o indirettamente, la tutela della salute umana prevista dal presente decreto.
Il Reg. CE 1935/04 sui materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari all’art. 3, Requisiti generali, prevede che: “I materiali e gli oggetti, compresi i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione affinché, in condizioni d’impiego normali o prevedibili, essi non trasferiscano ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da: a) costituire un pericolo per la salute umana; b) comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari; o c) comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.”
Per garantire la qualità dell’acqua è fondamentale avere un approccio preventivo dei problemi di contaminazione, attraverso una gestione accorta dell’intera filiera idro-potabile. Il “piano di sicurezza dell’acqua” è una specie di piano HACCP applicato all’intera rete acquedottistica. Si tratta di un sistema GLOBALE di valutazione e gestione del rischio esteso a ciascuna fase della filiera idrica, dalla captazione fino all’utente finale, per garantire la protezione delle risorse idriche e la riduzione di potenziali pericoli per la salute umana nell’acqua destinata al consumo umano attraverso: la comprensione approfondita della filiera idro-potabile, l’identificazione di dove e come potrebbero sorgere (o accentuarsi) eventi pericolosi o critici, la definizione di barriere e sistemi di prevenzione e gestione per evitare l’accadimento di eventi critici o comunque mitigarne gli effetti, la verifica che ogni elemento del sistema lavori in modo appropriato nel tempo.
Il controllo della qualità dell’acqua è una componente importante del sistema di gestione del servizio idrico, ma non è sufficiente a garantire la sicurezza dell’acqua. L’analisi è uno strumento per monitorare la qualità dell’acqua ma non può essere considerata la soluzione. Il piano di sicurezza serve proprio a prevenire le potenziali situazioni di contaminazione ed è necessario per diverse ragioni: ha un approccio reattivo (il problema si è già verificato), il campionamento e i test richiedono tempo (risposta ritardata), i risultati dei test forniscono solo un "controllo a campione" (problemi potenzialmente estesi nello spazio e nel tempo; < 0,1% di acqua viene testato), la capacità limitata del laboratorio (non tutti i test sono possibili), i test possono essere molto costosi.

La responsabilità del gestore d’acquedotto termina al punto di consegna, ovvero al contatore; la rete idrica che dal contatore arriva sino all’abitazione, a un istituto scolastico, a un ospedale ecc. è di competenza del responsabile dell’immobile (l’amministratore per un condominio, il direttore sanitario per un ospedale, il dirigente scolastico per una scuola ecc.). Per un’abitazione privata, il tratto interno alle mura domestiche è di competenza dell’inquilino. In pratica possono essere distinti due tratti nei quali possono avvenire alterazioni della qualità dell’acqua destinata al consumo umano: dall’acquedotto al contatore e dal contatore al rubinetto dell’utente.
Sul mercato sono presenti da tempo sistemi di trattamento dell’acqua che esce dal rubinetto di casa. Cosa succede alla qualità dell’acqua trattata con questi sistemi? È bene precisare che questi sistemi NON sono sistemi di potabilizzazione, bensì sono degli affinatori delle caratteristiche sensoriali dell’acqua. Questi dispositivi servono a rimuovere odori e sapori anomali, rendono effervescente, eventualmente addolciscono e/o rinfrescano l’acqua.
Il D.M. 7 febbraio 2012, n. 25 è relativo alle disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell'acqua destinata al consumo umano. Il decreto riporta le prescrizioni tecniche relative alle apparecchiature per il trattamento dell'acqua destinata al consumo umano e distribuita sia in ambito domestico che non domestico. L’obiettivo del decreto è quello di garantire che:
- i trattamenti non pregiudichino la qualità delle acque, già idonee sotto il profilo sanitario
- le apparecchiature di trattamento garantiscano gli effetti dichiarati
- l’informazione completa sugli effetti dei trattamenti sia adeguatamente fornita al consumatore.
È disponibile una linea guida del Ministero della Salute sui dispositivi di trattamento che descrive i trattamenti conosciuti a livello nazionale in base a informazioni acquisite dalle autorità sanitarie periferiche/centrali nell’attività di vigilanza, rese facoltativamente disponibili da Associazioni di categoria e parti interessate al Ministero Salute (attraverso un questionario predisposto dall’ISS).
La Linea Guida ha l’obiettivo di assicurare un’adeguata informazione del consumatore supportando le eventuali scelte (valutazione consapevole) sulla base di indicazioni tecnico-scientifiche aggiornate per tutelare l’utente affinché nelle fasi di impiego e manutenzione dell’apparecchiatura sia garantita: la sicurezza d’uso del dispositivo, l’efficacia delle azioni rispetto alle prestazioni dichiarate, la conformità dell’acqua trattata ai requisiti stabiliti dal D.lgs. 31/2001.
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