Tratto dagli interventi dell'avvocata Giorgia Andreis e dell'avvocato Antonio Fiumara, Studio Legale Andreis e associati, Milano, Torino
Le procedure analitiche nel loro complesso rappresentano un tema cardine dal punto di vista processuale e giuridico. Per accertamento analitico in questo contesto si intende l’insieme di tutte le fasi, dal campionamento, allo svolgimento dell’analisi vera e propria, all’emissione del documento che descrive l’esito della stessa (il rapporto di prova).
Il rapporto di prova
Il rapporto di prova è il documento che presenta i risultati dell’operazione tecnica di determinazione di una o più caratteristiche di un oggetto di valutazione della conformità, secondo una procedura tecnica specificata. Costituisce il riscontro documentale dell’applicazione di metodiche predeterminate ed è il documento sul quale si basano le possibili contestazioni da parte della Pubblica Autorità.
Perché è molto importante il rapporto di prova? Il motivo è che in ambito giuridico le conseguenze che possono derivare da una non conformità sono numerose e molto impattanti per l’operatore del settore alimentare. Si pensi, ad esempio, alla comunicazione della notizia di reato alla Procura della Repubblica, all’applicazione di una sanzione amministrativa, al sequestro e alla confisca dei prodotti, all’apertura della procedura di allerta, con conseguente ritiro e richiamo dei prodotti, e infine agli eventuali obblighi risarcitori per i danni causati alla persona offesa.
Accertare una non conformità vuol dire pertanto aprire una serie di procedure nell’ambito delle quali l’operatore sarà chiamato a difendersi.
È evidente quindi che l’esito del processo penale e di ogni altro procedimento sanzionatorio si basa sull’affidabilità del campionamento e dell’analisi.
Un passo in avanti in tal senso è stato compiuto dal nuovo Regolamento sul Controllo Ufficiale (Reg. UE 625/17) che all’art. 34, rubricato metodi di campionamento, analisi, prova e diagnosi ha stabilito una scala di preminenza dei metodi di prova che, in via sommaria, comprende nell’ordine:
- metodi conformi alle norme dell’Unione – metodi ufficiali
- i più recenti metodi disponibili (norme o protocolli) riconosciuti internazionalmente, (Comitato europeo di normalizzazione - CEN);
- metodi pertinenti sviluppati dai laboratori di riferimento dell'Unione europea e convalidati in base a protocolli scientifici accettati internazionalmente;
- metodi conformi alle norme pertinenti definite a livello nazionale;
- metodi pertinenti sviluppati o raccomandati dai laboratori nazionali di riferimento e convalidati in base a protocolli scientifici accettati internazionalmente;
- metodi sviluppati e convalidati da studi interlaboratorio o intralaboratorio, in caso di urgenza, metodi diversi.
Coerentemente con la citata disposizione normativa, si dovranno quindi utilizzare prima i metodi ufficiali, e solo in assenza di questi sarà possibile ricorrere ai più recenti metodi disponibili, metodi validati e così via fino ad arrivare ai “metodi diversi” in caso di urgenza.
La definizione di questa scala di preminenza è molto importante perché rappresenta un primo passo nell’uniformare le procedure analitiche e nell’evitare disparità di trattamento sia in ambito nazionale, che su tutto il territorio dell’Unione Europea.
L’accreditamento
Un altro intervento normativo importante è il riconoscimento dell’accreditamento quale requisito necessario dei laboratori ufficiali.
Il riferimento normativo è l’art. 37, par. 4 del Regolamento UE 625/17, applicabile dal 29 aprile 2022, e prevede che le autorità competenti possono designare come laboratorio ufficiale un laboratorio che:
- possiede l’esperienza, le attrezzature e le infrastrutture necessarie per effettuare analisi, prove o diagnosi sui campioni;
- dispone di un numero sufficiente di addetti adeguatamente qualificati, formati ed esperti;
- garantisce che i compiti attribuitigli sono effettuati in modo imparziale ed esente da qualsiasi conflitto di interessi per quando riguarda l’adempimento dei propri compiti in qualità di laboratorio ufficiale;
- è in grado di fornire tempestivamente i risultati delle analisi, prove o diagnosi effettuate sui campioni prelevati durante i controlli ufficiali e le altre attività ufficiali;
- opera secondo la norma EN ISO/IEC 17025 ed è stato accreditato secondo tale norma da un organismo nazionale di accreditamento operante in conformità del Reg. 765/2008.
L’accreditamento è un’attestazione da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità (Reg. CE 765/08).
L’accreditamento di un laboratorio ufficiale (art. 37 par. 5):
- deve includere i metodi di analisi, prova o diagnosi di laboratorio che il laboratorio deve utilizzare per le analisi, prove o diagnosi quando esso opera in qualità di laboratorio ufficiale;
- può comprendere uno o più metodi di analisi, prova o diagnosi di laboratorio, o gruppi di metodi;
- può essere definito in maniera flessibile, in modo da consentire di integrare l’ambito dell’accreditamento per comprendere versioni modificate dei metodi impiegati dal laboratorio all’epoca dell’accreditamento, o nuovi metodi supplementari, sulla base delle convalide effettuate dal laboratorio stesso senza una valutazione preliminare dell’organismo nazionale di accreditamento prima dell'impiego di tali metodi modificati o nuovi.
Sulla base dell’esperienza acquisita nella difesa di diversi operatori del settore alimentare si deve rilevare come spesso, in ambito giudiziale il fatto che il laboratorio e/o le analisi siano accreditati passi in secondo piano rispetto alla validazione del metodo in sè. In altri termini, i giudici hanno talvolta preferito basare la propria decisione non tanto su aspetti ritenuti formali (l’esistenza dell’accreditamento), quanto su aspetti sostanziali (l’affidabilità, la validazione della prova).
A tal proposito il Regolamento UE 625/17 ripropone l’importanza dell’accreditamento come uno degli elementi che deve essere garantito (in maniera armonizzata in tutta l’UE) per poter dare affidabilità all’esito analitico.
I rapporti tra il controllo ufficiale e il processo penale
La Corte di Cassazione ha stabilito, con diverse sentenze che attualmente formano l’orientamento maggioritario, che la violazione delle norme previste in materia di prelevamento, campionamento e analisi hanno mero carattere ordinatorio e non processuale. Visto che queste operazioni si svolgono in una fase precedente all’apertura del procedimento penale, la loro violazione non comporta alcuna automatica nullità delle analisi, che pertanto potranno essere liberamente utilizzate quale fonte di prova nel processo. In tal senso, si vuole richiamare la sentenza della Cass. pen., sez. III, n°28173/2006, secondo cui “Le disposizioni che stabiliscono le modalità di prelievo dei campioni e le analisi hanno carattere ordinatorio e l’eventuale loro inosservanza non dà luogo a nullità delle analisi, né esclude il loro valore probatorio. Inoltre, non è prevista neppure alcuna sanzione di nullità per le analisi eseguite con metodi diversi da quelli descritti in disposizioni ministeriali alla luce del principio che nella scelta del metodo di campionamento sussiste discrezionalità tecnica”.
Di interesse appare anche la sentenza della Cassazione n°36506 del 2015, che ha sostenuto la validità delle analisi nonostante l’assenza di accreditamento dei laboratori di prova:
“Si osserva che la effettuazione delle analisi sui campioni di cibo oggetto di prelievo ad opera di laboratori accreditati in conformità alle prescrizioni dei regolamenti comunitari in materia, riguarda le indagini di natura amministrativa concernenti i controlli sugli alimenti. Nel caso in esame, l’analisi della lozione di propoli è stata effettuata nell'ambito di indagine penale volta all’accertamento di sofisticazioni alimentari dei prodotti dell'alveare dal Corpo di Polizia Forestale su delega del P.M.. Trattandosi di accertamenti eseguiti nel contesto di indagini penali in corso e non di mera attività amministrativa di controllo e di ispezione, la Polizia Giudiziaria poteva liberamente scegliere il laboratorio cui affidare le analisi dei campioni prelevati, salva la valutazione della loro attendibilità da parte del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità”.
Appare poi interessante la sentenza Cass. Pen. N° 21652 del 2009 che, pur ribadendo il principio sopra richiamato, ha però stabilito che il Giudice debba fornire una adeguata motivazione:
“Le norme relative al prelevamento e all’analisi di campioni di merci hanno carattere ordinatorio e non costituiscono condizioni per il regolare esercizio dell’azione penale, sicché eventuali irregolarità in materia non determinano nullità, pur dovendo il Giudice, che da tali analisi voglia trarre elementi di convincimento per la decisione, motivare adeguatamente in ordine alla attendibilità del risultato”.
Si ravvisano però anche sentenze di merito di orientamento opposto come, ad esempio, la sentenza n°34/2012 del Tribunale di Salerno, secondo cui la mancanza di accreditamento ufficiale incide senza dubbio sulla rappresentatività e verità dei risultati delle analisi effettuate. Secondo tale pronuncia, le norme che disciplinano il prelievo e l’analisi dei campioni non possono essere ignorate dal giudice ove la loro violazione abbia prodotto una situazione tale da incidere sulla rappresentatività del risultato.
L’importanza delle modalità di campionamento
Il campionamento di un alimento o di qualsiasi altra sostanza per verificare, mediante analisi, la conformità della stessa sostanza alla normativa di riferimento, deve essere rappresentativo della totalità. I campioni devono essere prelevati, manipolati ed etichettati in modo tale da garantirne il valore legale e la validità scientifica e tecnica (art. 34 paragrafo 5 del Reg. UE 625/17).
A livello nazionale, vi sono diverse norme che disciplinano le modalità di campionamento e analisi dei prodotti alimentari. Tra queste assume rilievo primario la Legge 283/62 che, in via generale, prevede che il capo del laboratorio, in caso di risultato non conforme a quanto previsto dalla normativa vigente, trasmetta denuncia al medico o al veterinario provinciale e contemporaneamente informi l’esercente presso il quale è stato fatto il prelievo.
Entro 15 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione, gli interessati potranno presentare istanza di revisione.
Per gli alimenti deperibili, non essendo possibile l’analisi di revisione, il campione prelevato ai fini del controllo deve essere ripartito in 4 aliquote di cui una viene consegnata al prelevatore, mentre le altre 3 vengono consegnate ai laboratori competenti (un’aliquota viene usata per gli accertamenti analitici, una viene usata limitatamente ai parametri eventualmente risultati non conformi, la terza aliquota resta di riserva presso il laboratorio per un’eventuale perizia ordinata dall’Autorità giudiziaria).
In questo contesto, in caso di non conformità, il responsabile del laboratorio provvederà a dare avviso all’interessato della ripetizione delle analisi, limitatamente ai parametri risultati non conformi.
In materia penale, tale disciplina si coordina con l’art. 223 disp. Att. C.p.p. che stabilisce il diritto al contraddittorio del soggetto nei cui confronti vengono svolti accertamenti analitici. Possono infatti acquisirsi agli atti del processo penale solamente le analisi alle quali l’interessato abbia potuto partecipare, eventualmente con l’assistenza di un difensore o consulente tecnico.
In conseguenza di ciò, ai sensi del citato articolo:
- per analisi per cui è prevista la revisione, l’avviso dovrà essere dato almeno tre giorni prima.
- per le analisi per le quali non è prevista la revisione, l’avviso potrà invece essere dato anche oralmente (l’arco temporale che intercorre tra l’avviso e l’analisi non dovrà però essere così breve da rendere l’avviso fittizio).
L’analisi unica e irripetibile per i prodotti deteriorabili
In questo contesto, appare di particolare interesse la sentenza della Corte di Cassazione N°34853/09 che ha stabilito l’irregolarità dell’analisi unica irripetibile per le analisi microbiologiche sui prodotti deteriorabili. La Corte ha infatti ritenuto che rappresenti una violazione del diritto di difesa il prelevamento di un numero di aliquote del campione da analizzare inferiore alle tre o quattro previste dalla legge, poiché non consentirebbe all’interessato di partecipare ad una seconda analisi.
In questo contesto, la Suprema Corte ha affermato che l’analisi unica e irripetibile sarebbe illegittima anche se garantita, per i seguenti motivi:
- non si potrebbe eseguire la ripetizione di analisi sui parametri non conformi (l’attendibilità del risultato è data anche dalla sua ripetizione)
- si verificherebbero disparità di trattamento tra gli interessati a seconda della diversa capacità economica
- non si potrebbe disporre una perizia nel processo penale.
Il diritto degli operatori a una controperizia
Per esigenze evidentemente garantistiche e per assicurare un più equilibrato diritto di difesa degli operatori, il nuovo Regolamento ha poi stabilito che, in caso di campionamento, analisi, prove o diagnosi cui sono sottoposti animali o merci, nel contesto di controlli ufficiali gli operatori devono avere diritto a una controperizia a loro spese.
L’art. 35 del Reg. n. 625/2017 riconosce la controperizia quale vero e proprio “diritto”così garantendo il diritto di difesa in tutti i paesi dell’Unione Europea.
Profili di responsabilità in caso di errore nel rapporto di prova
Nel caso in cui gli accertamenti analitici non dovessero essere svolti correttamente, l’operatore del settore alimentare potrà citare i soggetti responsabili dinanzi alla competente Autorità Giudiziaria per ottenere il risarcimento dei danni patiti. Ovviamente, si tratta di una prospettiva possibile, ma in questa sede teorica, atteso che di volta in volta occorre valutare il nesso concreto fra la non correttezza dell’accertamento e il danno e la fondatezza della richiesta risarcitoria.
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