Le dichiarazioni di intenti, almeno quelle, sono rassicuranti: la paura che la crisi Covid-19 possa far perdere di vista l'urgenza delle azioni per l’ambiente, sembra infondata. Anzi, in epoca pandemica le persone affermano di essere più preoccupate di prima per la preservazione del pianeta e più impegnate a cambiare il proprio comportamento in ottica sostenibile. Lo afferma l’indagine The Pandemic Is Heightening Environmental Awareness realizzata da Boston Consulting Group BCG, su oltre 3.000 persone a livello globale.
Dalla ricerca emerge che oltre il 70% dei cittadini si definisce oggi più consapevole rispetto a prima del Covid-19 del fatto che l'attività umana minacci il clima e che il degrado dell'ambiente sia pericoloso per gli esseri umani.
Il 76% degli intervistati sostengono che i problemi ambientali siano preoccupanti allo stesso modo o di più di quelli della salute.
Le preoccupazioni
Come prevedibile, al primo posto tra le preoccupazioni degli intervistati, ci sono le malattie infettive evidenziate dal 95% dei cittadini; il 67% è più preoccupato rispetto a prima del Covid-19. Ma ben il 92% delle persone si preoccupa poi dell’inquinamento dell’aria, il 91% della gestione e della scarsità di acqua, il 90% della distruzione dell’habitat naturale, l’89% del cambiamento climatico, con quote in crescita di circa un terzo dallo scoppio della pandemia ad oggi.
Cresce anche l’attenzione sulla perdita di biodiversità, sull’inquinamento del suolo, sull’uso insostenibile di risorse.
Cosa devono fare imprese e governi
Il rinnovato impegno per la sostenibilità ha importanti implicazioni per aziende e governi. Per la maggioranza delle persone (il 54% del totale) la ripresa economica e le questioni ambientali dovrebbero essere affrontate con lo stesso livello di priorità. E due terzi degli intervistati pensano che i piani di ripresa dovrebbero porre le questioni ambientali come priorità.
Per l’87% dei cittadini le aziende devono integrare considerazioni ambientali nei loro prodotti/servizi e nel loro modo di operare, per il 77% le imprese che beneficiano di aiuti o sovvenzioni pubblici dovrebbero prendere specifici impegni nei confronti dell’ambiente.
Cosa dobbiamo fare noi
La crisi sta guidando il cambiamento anche a livello individuale: un terzo dei rispondenti sta già praticando comportamenti sostenibili in modo costante, il 25% di più da quando la crisi è iniziata. Il 40% intende avere comportamenti più sostenibili in futuro.
Le principali azioni già compiute regolarmente dai cittadini sono la riduzione del consumo energetico domestico (una realtà per il 50% delle persone), l'aumento o il miglioramento del riciclaggio e del compostaggio (49%), l'acquisto di beni alimentari di produzione locale (40%) o quello di prodotti senza plastica monouso (37%).
Poi ci sono comportamenti verso l’obiettivo rifiuti zero, l’acquisto di meno prodotti confezionati, i viaggi in territori vicini, il cambiamento nelle abitudini di trasporto per ragioni di sostenibilità.
L'impegno per la sostenibilità è più presente tra i giovani, che hanno maggiore convinzione delle altre generazioni del fatto che il comportamento personale possa fare la differenza e che chiedono con forza di porre il tema ambientale al centro dei piani di ripresa.
Analizzando le risposte per età, si scopre che il 34% dei 25-34enni oggi è più convinto del fatto che la sua azione personale possa combattere il cambiamento climatico (contro il 19% tra 55-64enni e il 10% tra gli ultra 65enni), il 35% che questa possa proteggere la fauna selvatica e la biodiversità (il 17% tra i 55-64enni e il 9% tra gli ultra 65enni), il 38% che possa ridurre i rifiuti non sostenibili (il 20% tra i 55-64enni e il 16% tra gli ultra 65enni).
I più giovani dimostrano maggiore fiducia nella capacità di risposta alla crisi da parte dei governi e chiedono in percentuale maggiore rispetto altre generazioni che le questioni ambientali abbiano la stesse importanza di quelle economiche.
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