Green deal: l'agroalimentare italiano parte bene

Green deal: l'agroalimentare italiano parte bene

Lo afferma lo studio Fieragricola-Nomisma: primi in Europa in sicurezza alimentare e bio, sprechi in diminuzione, in calo anche gas serra e uso di agrofarmaci e fertilizzanti

Notizie dal mondo agroalimentare:
prodotti, mercati, tecnologie, processi di filiera

22

Gennaio
2020

L'Italia sembra essere già in vantaggio rispetto al Green Deal europeo. Secondo uno studio realizzato dall'Osservatorio Fieragricola-Nomisma, illustrato durante la presentazione dalla 114° Fieragricola, la filiera agroalimentare italiana, in attesa del piano operativo sull'economia verde più importante della storia, è già in vantaggio su uno dei paradigmi cardine. Ci riferiamo alla salubrità e alla sicurezza dei suoi alimenti, che presentano le percentuali più alte di prodotti che, secondo i controlli dell'EFSA, risultano essere privi di residui, meglio di quanto facciano Germania, Francia e Spagna.

Meno sprechi, più bio

Buone notizie anche sul fronte degli sprechi, con i rifiuti alimentari pro-capite (126 kg annui) del 16% inferiori alla media europea e in forte calo nell'ultimo decennio. Inoltre l'Italia detiene il record UE di superficie e incidenza bio per seminativi e colture permanenti con 1,5 milioni di ettari, davanti a Francia, Spagna e Germania.
Calano così anche le emissioni di gas serra (-12,3% negli ultimi vent'anni secondo Eurostat), che incidono per il 7% sul totale delle emissioni contro il 10% della media europea.

Agrofarmaci

La sensibilità green degli agricoltori e dei prodotti italiani si estende anche all'utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti. Secondo l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), nell'ultimo decennio se ne è fatto sempre meno uso e spesso i consumi si sono dimezzati: è il caso degli insetticidi (da 1,2 kg di principi attivi ad ettaro a 0,6 kg), dei fungicidi (-30%), degli erbicidi (-20%), di azoto (-25%), anidride fosforica (-36%), ossido di potassio (-50%).
"Emergono gli enormi sforzi fatti negli anni dagli agricoltori italiani - afferma il responsabile agroalimentare di Nomisma e curatore dello studio, Denis Pantini - per rendere la propria attività più rispettosa dell'ambiente soprattutto a fronte delle calamità prodotte dai cambiamenti climatici. Una sostenibilità ambientale che però non può essere scollegata da quella economica. Ma da questo lato, purtroppo, negli ultimi cinque anni i redditi delle imprese agricole italiane non si sono mossi, a fronte invece di quelli degli agricoltori spagnoli e francesi".


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