A cura di Bruna Moroni
Raffreddamento efficiente e sostenibile: è questo l’obiettivo della nuova tecnica chiamata “ionocaloric cooling” sviluppata dai ricercatori del Department of Energy’s Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) dell’Università della California, descritta in un articolo uscito lo scorso 23 dicembre nella rivista “Science”.
Rispetto agli idrofluorocarburi o ad altri refrigeranti liquidi attualmente utilizzati, il nuovo sistema di refrigerazione utilizza un solvente e un sale maggiormente rispettosi dell’ambiente, e i ricercatori sperano che questo metodo possa contribuire a eliminare gli attuali sistemi a “compressione di vapore”.
La refrigerazione ionocalorica eliminerebbe, inoltre, il rischio di fuoriuscita di tali gas nell’atmosfera, sostituendoli con componenti solidi e liquidi.
“Il panorama dei refrigeranti è un problema irrisolto: nessuno ha sviluppato con successo una soluzione alternativa che raffreddi le cose, funzioni in modo efficiente, vada bene per ogni applicazione, sia sicura e non danneggi l’ambiente” ha dichiarato Drew Lilley, assistente di ricerca presso il Berkeley Lab e dottorando alla UC Berkeley che ha condotto lo studio assieme a Ravi Prasher, ricercatore presso il Berkeley Lab e professore aggiunto di ingegneria meccanica alla UC Berkeley.
Sistemi come la refrigerazione magnetica o elettrocalorica sono infatti tecnologie promettenti, ma non hanno una grande efficienza energetica e generano un potenziale ancora limitato di raffreddamento.
Trovare una soluzione che sostituisca gli attuali refrigeranti è essenziale per i Paesi che vogliono raggiungere gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici, come quelli dell’Emendamento di Kigali (accettato da 145 parti, tra cui gli Stati Uniti, nell’ottobre 2022). Tale accordo impegna i firmatari a ridurre la produzione e il consumo di idrofluorocarburi (HFC) di almeno l’80% nei prossimi 25 anni. Gli HFC sono potenti gas a effetto serra comunemente utilizzati nei frigoriferi, nei chiller, negli impianti di condizionamento dell’aria e possono intrappolare il calore con un’efficacia migliaia di volte superiore a quella dell’anidride carbonica, causando effetto serra se rilasciati accidentalmente nell’ambiente.
Come funziona la refrigerazione ionocalorica?
Il raffreddamento ionocalorico sfrutta il modo in cui l’energia termica viene immagazzinata o rilasciata nel momento in cui un materiale cambia fase passando, ad esempio, dal ghiaccio solido all’acqua. Nella fusione un materiale assorbe calore dall’ambiente circostante, mentre nella fase di solidificazione rilascia calore. Il ciclo ionocalorico provoca questo cambiamento di fase e di temperatura attraverso un flusso di ioni (atomi o molecole elettricamente carichi) provenienti da un sale, consentendo un processo reversibile.
Proprio l’uso di ioni per guidare i cambiamenti di fase da solido a liquido costituisce l’aspetto innovativo di questa tecnologia.
L’utilizzo di un liquido ha l’ulteriore vantaggio di rendere il materiale pompabile, facilitando l’ingresso e l’uscita del calore dal sistema, cosa che non è così semplice nel raffreddamento allo stato solido.
I due ricercatori, Lilley e Prasher, hanno così descritto il processo reversibile: "Utilizzando il sale di ioduro di sodio (NaI), insieme al carbonato di etilene, un comune solvente organico utilizzato nelle batterie agli ioni di litio, si diminuisce la temperatura della miscela attraverso la transizione di fase da solido a liquido, utilizzando poi l’elettrodialisi, il NaI viene rimosso dalla miscela, che purifica il carbonato di etilene, che si cristallizza in sul solido e provoca un aumento della temperatura."
“Questa tecnica - ha affermato Lilley - potrebbe fornire refrigeranti non solo GWP (potenziale di riscaldamento globale) zero, ma anche GWP-negativi, in quanto l’uso del carbonato di etilene potrebbe essere effettivamente negativo per il carbonio, perché si produce utilizzando l’anidride carbonica come input. Questo potrebbe darci la possibilità di utilizzare la CO2 proveniente dalla cattura del carbonio”.
Il primo esperimento ha mostrato un cambiamento di temperatura di 25 gradi Celsius utilizzando meno di un volt, un aumento di temperatura maggiore di quello dimostrato da altre tecnologie caloriche.
Gli sviluppi futuri
“Ci sono tre cose che stiamo cercando di bilanciare: il GWP del refrigerante, l’efficienza energetica e il costo dell’apparecchiatura stessa” ha spiegato Prasher.
Lilley e Prasher hanno ottenuto un brevetto provvisorio per il ciclo di refrigerazione ionocalorica e la tecnologia è ora disponibile su licenza.
Il team sta continuando a lavorare su prototipi per determinare come la tecnica possa essere scalata per supportare grandi quantità di raffreddamento, migliorare la quantità di variazioni di temperatura che il sistema può supportare e incrementare l’efficienza.
Maggiori informazioni sul sito del laboratorio →
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