FLOP25

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Clima: nonostante il prolungamento della conferenza ONU, i 200 Paesi che hanno proclamato a Madrid la necessità di agire, non hanno trovato l'accordo su punti cruciali come la regolazione del mercato del carbonio

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16

Dicembre
2019

Fumata nera per la COP25 di Madrid che, anche dopo i tempi supplementari, si è chiusa senza un'intesa sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, il nodo più difficile da sciogliere. Delusione, dunque, di molti Paesi alla Conferenza su questo punto dell'agenda dei lavori.
Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.

 L'unico punto positivo l'obbligo per i Paesi ricchi di indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra.
Per il via libera al documento finale, si è riunita la plenaria dei 196 Paesi più l'UE.

La COP25 a Madrid è stata la più lunga fra tutte le edizioni con due giorni di extra time.
Una piccola vittoria è stata raggiunta dai Paesi vulnerabili, quelli del High Ambition Coalition che rischiano di sparire come le piccole isole del Pacifico, rispetto a quelli ricchi che entro l'anno prossimo dovranno obbligatoriamente indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Il 2020, quindi, si prospetta cruciale per salvare l'accordo di Parigi.

A parlare di fallimento lo stesso segretario generale dell'ONU Antonio Guterres e l'attivista Greta Thunberg che ha scritto su twitter: "Sembra che la COP25 di Madrid stia fallendo. La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo mai. Abbiamo solo appena iniziato".

Antonio Guterres si è setto "deluso dai risultati della conferenza", affermando che "la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione" nell'affrontare la crisi dei cambiamenti climatici. "Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò", ha concluso.

Va all'attacco Greenpeace. Secondo l'associazione, i progressi che ci si auspicava emergessero dalla COP25 sono stati "ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l'emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto". "Durante questo meeting - sottolinea Greenpeace - la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all'emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla COP25.

"I politici si sono scontrati sull'Articolo 6 relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un'etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica".

I governi "devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l'esito di questa COP è totalmente inaccettabile", dichiara Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. C'era necessità, afferma ancora, "di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l'urgenza e dichiarassero l'emergenza climatica. Anche per l'irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile".
L'accordo di Parigi "potrebbe essere stato vittima di una manciata di potenti economie del carbonio. Da questa COP è tuttavia emerso che ci sono alcune forze positive al lavoro: la High Ambition Coalition durante questa settimana ha offerto un'ancora di salvezza, e i piccoli Stati insulari - conclude l'associazione - si stanno rafforzando di giorno in giorno, mantenendo vivo l'accordo di Parigi".

Fonte: ANSA


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