Dossier Pesticidi: solo il 54,8% degli alimenti analizzati è senza residui

Dossier Pesticidi: solo il 54,8% degli alimenti analizzati è senza residui

Legambiente: "Aumentano i campioni in cui sono state trovate tracce di uno o più fitofarmaci"

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prodotti, mercati, tecnologie, processi di filiera

19

Dicembre
2022

A cura della Redazione F&T

Solo il 54,8% dei campioni analizzati tra gli alimenti che arrivano ogni giorno sulle tavole degli italiani, risulta senza residui di pesticidi. Nel 44,1% dei casi, dato in crescita, trovate tracce di uno o più fitofarmaci.
La frutta si conferma la categoria più colpita: oltre il 70,3% dei campioni contiene uno o più residui.
Tra gli alimenti trasformati, il vino e i cereali integrali sono quelli con maggior percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 61,8% e il 77,7%.
Tra i pesticidi più rintracciati: Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram.
Sono questi, per titoli, i dati salienti dell'ultimo dossier "Stop pesticidi nel piatto," il rapporto realizzato da Legambiente ogni anno per fare il punto della situazione sui fitofarmaci presenti negli alimenti che arrivano sulle tavole degli italiani.

I pesticidi nel piatto aumentano

Il dossier è stato presentato il 19 dicembre all’Hotel Nazionale a Roma, in un appuntamento che ha visto la partecipazione del mondo scientifico e delle istituzioni, dell’associazionismo e delle aziende di categoria. Primo dato eclatante, in controtendenza rispetto all’edizione precedente, è l’aumento dei campioni in cui sono state trovate tracce di pesticidi che hanno raggiunto quota 44,1%. Al centro dell’indagine 4.313 campioni di alimenti di origine vegetale e animale, compresi i prodotti derivati da apicoltura di provenienza italiana ed estera, analizzati nel 2021.
Nonostante la bassa percentuale di campioni irregolari, quindi con principi attivi oltre le soglie consentite, pari all’1% (in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente), è necessario evidenziare che solo il 54,8% del totale dei campioni risulta senza residui di pesticidi. Lo scorso anno, la rilevazione aveva raggiunto quota 63%.
A destare preoccupazione è, inoltre, il 44,1% di campioni in cui sono state trovate tracce di uno o più fitofarmaci, tra monoresiduo (14,3%) e multiresiduo (29,8%), seppur nei limiti di legge. 90 le sostanze attive rintracciate, tra cui un campione di uva con 14 residui, uno di pere con 12 residui, uno di peperoni con 10 residui. Dai dati EFSA, risulta altresì campionata una fragola proveniente dall’Unione europea con 35 diversi residui.

In linea con il trend degli anni passati, la frutta si conferma la categoria più colpita: oltre il 70,3% dei campioni contiene uno o più residui. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 65,5% dei campioni analizzati risulta senza residui.
Da segnalare l’uva da tavola (88,3%), le pere (91,6%) e i peperoni (60,6%).
Tra gli alimenti lavorati, vino e cereali integrali sono quelli con le maggiori percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 61,8% e il 77,7%.
Dai risultati ottenuti nella categoria vino, appare evidente come, anche in questo caso, il multiresiduo sia più frequente (42,7%). Le sostanze attive più spesso riscontrate sono state: Metalaxyl (12,2%), Dimetomorf (11%), e Fenhexamid (8,9%) contando oltre 50 tipologie differenti di fitofarmaci.

In generale, tra i pesticidi più presenti troviamo (in ordine decrescente): Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram.
Da segnalare sono altresì i residui di Thiacloprid rinvenuti in 2 campioni di miele, in 1 pesca e in 1 mela; tracce di residui di Imidacloprid sono stati rinvenuti in 34 campioni tra albicocche, arance, banane, carciofi, mandarini, peperoni, uva e pomodori. In entrambi i casi, si tratta di fitofarmaci revocati dal mercato dal 2020. A destare preoccupazione anche i residui di DDT in 2 campioni di derivazione animale (tessuto adiposo di cavallo e di bovino).

Per quanto riguarda il miele, nella maggior parte dei campioni non sono stati riscontrati residui (67,5%). 2 campioni sono, invece, risultati irregolari a causa del superamento del limite. I più frequenti pesticidi risultano l’erbicida Glifosato (27,9%), N (2,4 Dimethylphenyl) Formamide (17,6%) e Amitraz (14,7%), raggiungendo in alcuni casi 8 residui presenti contemporaneamente. Si segnala, inoltre, la presenza di due neonicotinoidi: Thiacloprid (revocato dal mercato essendo stato classificato come interferente endocrino) e Acetamiprid ancora permesso ma i cui effetti causano pesanti ripercussioni sulla salute delle api.

In riferimento al biologico, il 91,1% dei campioni risulta regolare e senza residui. Non risultano inoltre presenti campioni con tracce multiresiduali. Per quanto riguarda i campioni con un solo residuo, la percentuale si attesta intorno al 5,4%, dato probabilmente legato al cosiddetto effetto deriva dovuto a coltivazioni convenzionali limitrofe.

Che fare? La risposta di Legambiente: "seguire le direttive UE"

"Dall’analisi dei dati rilevati - ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente - emerge chiaramente la necessità di intraprendere la strada dell’agroecologia con ancora più determinazione, mettendo in atto senza tentennamenti quanto stabilito dalle direttive europee Farm to fork e Biodiversity 2030. Con l’approvazione della legge sul bio - ha spiegato Gentili - indubbiamente è stato fatto un importante passo in avanti. Adesso, serve passare dalla teoria alla pratica, affinché quel traguardo non risulti solo una bandierina ma un patrimonio per l’intero settore. Servono, quindi, meccanismi incentivanti attraverso cui dare gambe e fiato alla transizione, a partire dalla messa a disposizione di risorse. Serve, inoltre, che vengano applicate in maniera stringente le norme, stando alla larga da eventuali ipotesi di deroghe all’utilizzo di specifici fitofarmaci, come purtroppo sta avvenendo con il Glifosato. È, inoltre, di fondamentale importanza approvare il regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci (SUR) presentato lo scorso 22 giugno dalla Commissione europea e che prevede obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi legalmente vincolanti per gli Stati membri, a oggi a rischio a causa di continue richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi tra cui l’Italia. Occorre infine aumentare significativamente le aree coltivate a biologico che rappresentano un metodo efficace di ridurre gli input negativi in agricoltura".

Cosa succede in Italia

"Il nostro Paese - ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - si sta dimostrando esempio virtuoso per l’intera Europa in fatto di riduzione dell’uso dei pesticidi, grazie soprattutto alle sempre più numerose aziende che scelgono l’agricoltura biologica, non di certo a politiche nazionali significative in tal senso. A conferma di ciò basti pensare al raggiungimento della quota del 17,4% di SAU condotta con metodo biologico. È quindi necessario un impegno più incisivo, considerando la richiesta dell’Unione europea di raggiungere un taglio dell’uso del 62% dei pesticidi entro il 2030. Il nuovo governo prosegua nel solco tracciato e permetta davvero, come previsto anche dalla nuova nomenclatura del Ministero, al made in Italy sano e pulito di divenire apripista del cambiamento. Quanto stabilito fino ad ora da PAC e PSN non ha permesso di raggiungere pienamente questo obiettivo. Serve pertanto un’accelerazione, soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. I dati sul biologico fanno ben capire come la mancata transizione possa influire negativamente anche sulle buone pratiche: serve andare nella direzione contraria, verso una piena rivoluzione green dal campo alla tavola, a partire dall’approvazione del nuovo PAN (Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari). L’ultima stesura risale al 2014, la scadenza al 2019. È quindi urgente risolvere anche questo nodo".

Dossier Stop pesticidi nel piatto 2022 →

Foto: legambiente.it
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