La COP26, la conferenza ONU sul clima in corso a Glasgow, ha superato la prima settimana di lavori ed è già stata bollata come un fallimento da Greta Thunberg perché priva di impegni sufficientemente concreti o ravvicinati contro il surriscaldamento della Terra. Ma il giudizio negativo dell'attivista per il clima non è isolato: sono stati migliaia i giovani scesi nelle piazze di tutte le città del mondo per denunciare l'inadeguatezza dell'approccio dei leader politici alla questione della "giustizia climatica".
Quindi la domanda è: a Glasgow, finora, c’è stato solo un bla bla bla o la conferenza, che dovrebbe chiudersi venerdì 12 novembre 2021, ha prodotto qualche risultato concreto?
Intanto il Ministro per la Transizione Ecologica ha annunciato che l'incontro dei 400 giovani tra i 15 e i 29 anni provenienti da 186 Paesi svoltosi a Milano a settembre sotto il nome Youth4Climate diventerà una piattaforma permanente.
Co2: impegni presi? Pochi
In termini di impegni nazionali per il taglio delle emissioni di anidride carbonica, la notizia è arrivata dall’India, con il premier Narendra Modi che ha annunciato che il Paese, al momento il terzo maggiore inquinatore dopo Cina e Stati Uniti, punta a generare la metà dell’energia che consuma da rinnovabili entro il 2030 e a raggiungere la neutralità carbonica nel 2070.
Secondo gli esperti questo secondo target è estremamente ambizioso e, secondo la rivista Nature, questo obiettivo è probabile che si riferisca alla sola Co2, mentre gli altri gas serra arriverebbero dopo. Tuttavia si tratta di un impegno che contrasta con le vaghe promesse dell’Arabia Saudita, il secondo produttore di petrolio al mondo, e della Russia il secondo produttore di gas al mondo.
Insomma, moltissimo resta da fare.
Metano: Cina, India, Russia business as usual
L’anidride carbonica è il motore principale del riscaldamento globale, ma il metano è un altro potente gas serra, i cui livelli in atmosfera si sono impennati negli ultimi dieci anni. L’impegno sottoscritto da oltre 90 Paesi, in rappresentanza di due terzi dell’economia globale, di ridurre le emissioni di metano di almeno il 30% rispetto ai livelli attuali è considerato un importante, pur se tardivo, passo avanti. Il metano viene emesso da pozzi di gas e petrolio, condutture, bestiame e discariche municipali e lo sforzo, guidato dagli Stati Uniti, coinvolgerà aziende che saranno obbligate a riparare le falle di oltre cinque milioni di chilometri di gasdotti.
"Ridurre le emissioni di metano - ha affermato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen - è una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere per ridurre il riscaldamento globale a breve termine e mantenerlo a 1,5 gradi centigradi".
Ma, e sottolineiamo "ma", Cina, India e Russia non si sono impegnate a ridurre le proprie emissioni di metano.
Dal carbone solo delusione
I gas serra prodotti dalla combustione del carbone rappresentano il contributo singolo più grande al cambiamento climatico. Emancipare il mondo dal carbone è considerato fondamentale per limitare l’aumento della temperatura del pianeta.
Alok Sharma, presidente britannico del vertice, ha descritto un accordo per eliminare gradualmente le centrali elettriche a carbone esistenti e fermare la costruzione di nuove. I firmatari dell’impegno NON vincolante includono le principali banche e 46 Paesi, 23 dei quali si stanno impegnando a porre fine al carbone per la prima volta.
Dall’intesa mancano Australia, India, Usa e Cina.
"Il punto chiave di questo annuncio deludente è che il carbone può sostanzialmente continuare a essere usato normalmente per anni", ha dichiarato Jamie Peters, direttore delle campagne degli Amici della Terra al Guardian.
Intanto sappiamo che le emissioni di gas serra nel 2021 aumenteranno del 4,9% rispetto al 2020, tornando quasi ai livelli pre-Covid (nel 2020 erano scese del 5,4%). Le emissioni da carbone e gas supereranno i livelli del 2019, mentre quelle di petrolio rimarranno al di sotto. Lo ha reso noto proprio durante la COP26 di Glasgow il centro studi Global Carbon Tracker, formato dalla Università di Exeter, l'Università di East Anglia, Cicero e Stanford University.
Foreste, il Brasile dà una buona notizia
Abbattere gli alberi contribuisce al cambiamento climatico perchè elimina la copertura delle foreste, che sono fondamentali per assorbire l’anidride carbonica. Ogni minuti vengono abbattuti alberi corrispondenti a una superficie di trenta campi da calcio. Un accordo per fermare questo incredibile ritmo di deforestazione è stato uno dei momenti più importanti della prima settimana della COP26. In base all’accordo, più di 100 leader mondiali hanno deciso di invertire il trend della deforestazione entro il 2030. Va sottolineato che il Brasile, il quale ha abbattuto enormi aree di foresta amazzonica, è tra i firmatari dell’intesa.
Ma gli osservatori obiettano che un precedente accordo internazionale del 2014 non ha rallentato in alcun modo la deforestazione.
D’altro canto, per il rispetto dell’intesa sono stati messi a disposizione 19,2 miliardi di dollari in fondi pubblici e privati. Parte del denaro andrà ai Paesi in via di sviluppo per recuperare i terreni danneggiati e lottare contro gli incendi boschivi.
Riscaldamento globale, verso la catastrofe?
L’Agenzia Internazionale per l’Energia, autorità mondiale per l’energia, ha reagito con un certo entusiasmo agli impegni presi finora. "Nuove analisti dell’AIE mostrano che tutti gli impegni net zero presi finora e l’impegno globale sul metano presi dai firmatari limiteranno il riscaldamento globale a 1,8 gradi centigradi" ha twittato il numero uno Fatih Birol.
Ma Selwin Hart, Consigliere del Segretario Generale dell’ONU per il clima presente a Glasgow, ha risposto senza mezzi termini: "Fatih, ho visto i tui numeri, ma sulla base degli impegni nazionali presi il mondo è sulla strada di un riscaldamento di 2,7 gradi, una catastrofe".
Se si superano 1,5 gradi di riscaldamento dai livelli pre-industriali, nel prossimo decennio quasi metà della popolazione mondiale sarà esposta al rischio di ondate di calore, siccità, inondazioni o carenza d'acqua, contro il 43% a rischio oggi. Lo sostiene una ricerca di McKinsey & Company presentata l'8 novembre alla COP26 di Glasgow, nella giornata dedicata all'adattamento ai cambiamenti climatici. Secondo il rapporto, in questo scenario le zone sottoposte ad ondate di calore potrebbero registrare temperature che renderebbero impossibile lavorare all'esterno nel 25% delle ore lavorative di un anno.
Obama: "Ora bisogna convincere gli ostili"
"Il tempo sta scadendo: abbiamo fatto significativi progressi dall'accordo di Parigi ma dobbiamo fare di più sia collettivamente sia individualmente": così Barack Obama ha aperto il suo intervento alla COP26 di Glasgow l'8 novembre. "Questo è un decennio decisivo per evitare il disastro climatico", ha ammonito l'ex Presidente, ricordando che i cambiamenti climatici sono sempre più evidenti e sostenendo che la lotta alla crisi climatica dovrebbe trascendere la normale geopolitica. A suo avviso, la riduzione dell'uso del metano è "la singola soluzione più veloce ed efficace".
"Il cambiamento climatico è una fonte di vera ansia e vero pericolo per i giovani, è una questione personale"; per Barack Obama la crescente partecipazione dei giovani alle elezioni e alla politica costringe i leader e i partiti a non ignorare il problema del climate change. I giovani, ha aggiunto l'ex presidente, possono anche spingere le aziende ad agire su questo fronte. "Due anni fa Greta Thunberg ha ispirato migliaia di giovani, ora il mondo è pieno di Grete".
"Le proteste sono necessarie ma per costruire le coalizioni necessarie dobbiamo persuadere quelli che non sono d'accordo o che sono indifferenti. Voglio che rimaniate arrabbiati - ancora Obama ai giovani - ma canalizzate questa rabbia, spingete sempre di più, questa è una maratona non uno sprint".
Per l'ex Presidente americano è necessario "ascoltare le obiezioni e la riluttanze della gente comune, comprendere la loro realtà e lavorare con loro in modo che azioni serie sul clima non abbiamo un impatto negativo su di loro".
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