Il graduale ritorno alla vita sociale nella convivenza con il virus sta lasciando il segno nella gestione del cibo degli italiani, interrompendo il trend virtuoso partito nel 2019. Nella pattumiera oggi, infatti, finiscono in media 595,3 grammi pro capite a settimana di cibo, ovvero 30,956 kg annui, quasi il 15% in più in un anno, secondo il periodo di riferimento del 2021 sull'anno precedente. Un dato che si accentua al Sud dove la percentuale sale al 18% e per le famiglie senza figli (+12%).
Lo spreco ha un valore complessivo di 7,37 miliardi, che corrisponde a 1,8 milioni di tonnellate di cibo l'anno. Se si include quello di tutta la filiera, dalla produzione al commercio, si arriva a superare i 5 milioni di tonnellate pari a quasi 10,5 miliardi. L'Italia comunque resta la nazione più virtuosa nel G8 dello spreco.
È il quadro che emerge dal rapporto Il caso Italia 2022 dell'Osservatorio Waste Watcher International (Last Minute Market e campagna Spreco Zero su monitoraggio Ipsos), diffuso in occasione della 9° Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare promossa dalla campagna Spreco Zero il 5 febbraio.
A titolo esemplificativo, il valore dello spreco nelle case equivale al doppio di quanto ha stanziato il Governo per sostenere il contrasto al caro energia, e quello dello sperpero totale, dal campo alla tavola, è valore dell’investimento dell’ultima manovra per le infrastrutture italiane (dati Dipartimento Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna su rilevazioni Istat / Waste Watcher per Campagna Spreco Zero).
Cosa si spreca e perché
Nella hit degli alimenti più spesso sprecati svetta la frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%).
Le cause dello spreco: il 47% scorda spesso il cibo acquistato, mentre il 30% calcola male le quantità e il 33% è preoccupato di non averne abbastanza e quindi esagera negli acquisti.
Secondo l'83% degli italiani questi comportamenti si traducono in uno spreco di denaro e quindi la gestione oculata va di pari passo con quella del bilancio familiare, ma si riflette anche sull’effetto diseducativo per i giovani (83%), sull’immoralità di gettare cibo (80%) e risorse (78%), e sull’ inquinamento ambientale (76%).
Che fare
Per contrastare il fenomeno le famiglie chiedono più educazione alimentare a partire dalla scuola (89%), migliorare le indicazioni sulle etichette (83%) e l'applicazione di tassazioni sulla base di una sorta di sprecometro (54%).
Tra le strategie vincenti per la prevenzione dello spreco: fare più frequentemente la spesa per alimenti freschi (41%), organizzare meglio il cibo in frigo e dispensa per data di scadenza (34%), presentarsi al supermercato con la lista della spesa; l’85% testa personalmente gli alimenti scaduti da poco, prima di gettare il cibo.
L'Italia comunque resta la nazione più virtuosa negli 8 Paesi più spreconi analizzati, fa sapere Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero. Peggio fanno i cittadini statunitensi che dichiarano lo spreco di 1.453 grammi di cibo settimanali.
"La tendenza a una diminuzione dello spreco alimentare domestico, che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60-70% sulla filiera campo tavola, ha interrotto sensibilmente il suo slancio positivo con il ritorno alla vita sociale, sia pure in distanziamento e nella delicata convivenza con il virus. Una battuta di arresto - ha affermato l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della Campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare - che si spiega in parte con la ripresa del consumo extra-domestico, pur con tutte le limitazioni del caso, e in parte con la difficoltà generale delle condizioni di vita dell’ultimo anno e il disorientamento generato da una pandemia che stenta ad allentarsi. Guardando anche alla tipologia dei prodotti che sprechiamo, è evidente che dobbiamo fare ancora molta strada per ridurre lo spreco e migliorare la nostra dieta alimentare. La via maestra resta dunque quella di una svolta culturale che sostenga l’adozione e la replica delle buone pratiche nel nostro quotidiano, dall’acquisto del cibo alla sua gestione e fruizione. Per questo rilanciamo la proposta di mettere al centro dei programmi di educazione civica, nelle scuole, i temi dell’educazione alimentare e ambientale".
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