L’Italia è un Paese a elevato consumo di acqua e il Mediterraneo è uno degli hotspot mondiali dove si verificherà una riduzione delle risorse idriche. Si parte da qui per cogliere a pieno il senso della Giornata Mondiale dell'Acqua che ricorre il 22 marzo.
Per quanto riguarda la filiera agroalimentare, si stima che il 70% dei prelievi di acqua dolce sono dovuti all’agricoltura per l’irrigazione e il 92% dell’impronta idrica dell’umanità è causata dall’agricoltura. Un italiano consuma in media ogni giorno circa 6.300 litri di acqua, il 30% in più di un francese, il 6% meno di uno spagnolo e il 20% in meno di uno statunitense.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, la Fondazione Barilla afferma che "80 lavatrici a pieno carico, o 33 docce da 10 minuti, equivalgano al consumo di 4.000 litri di acqua, lo stesso consumo di acqua che si potrebbe risparmiare in un solo giorno, adottando una dieta sostenibile rispetto a una non sostenibile. Si tratta dell’acqua nascosta utilizzata per produrre il cibo che mangiamo e che, cambiando le nostre abitudini, potremmo risparmiare".
Non tutti i cibi, infatti, hanno la stessa impronta idrica: per produrre un chilo di verdura servono 336 litri di acqua, per un chilo di legumi essiccati ne servono circa 4.615, per un chilo di carne di maiale 6.299 e 15.139 litri per produrre un chilo di carne di manzo.
"Numeri - dicono alla Fondazione Barilla - che devono spingere tutti a riflettere su quanto prezioso sia l’oro blu".
Come ha evidenziato il Rapporto FAO SOFA 2020, nel modo 3,2 miliardi di persone vivono in aree agricole caratterizzate da carenza d’acqua elevata o molto elevata, di cui 1,2 miliardi (circa un sesto della popolazione mondiale) in aree dove la scarsità idrica è estrema. Un problema che riguarda tutti, visto che la quantità annuale di risorse di acqua dolce disponibili per persona è diminuita di oltre il 20% negli ultimi due decenni.
Marta Antonelli, direttrice ricerca di Fondazione Barilla è convinta che "Adottando una dieta sostenibile, l’impronta idrica dei Paesi dell’UE28 potrebbe essere ridotta del 23%, mentre una dieta a base vegetale nutrizionalmente equivalente a una a base di proteine animali ridurrebbe l’impronta idrica del 38%. Questo perché un pasto sostenibile richiede all’incirca 1.000 litri di acqua rispetto ai circa 3.000 di un menù idrovoro. Basterebbe bilanciare gli alimenti durante i pasti, limitando la frequenza degli ingredienti meno vantaggiosi per salute e ambiente a favore di quelli più sostenibili, per risparmiare quindi fino a 4.000 litri di acqua a persona al giorno ed essere parte di un cambiamento globale".
Nello scenario del Mediterraneo, il rischio più rilevante per l'Italia sarà la disponibilità idrica. Già oggi, secondo l'Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, all'appello mancano 5 miliardi di metri cubi d'acqua rispetto a 50 anni fa quando nel 1971 la Conferenza Nazionale delle Acque aveva indicato in almeno 17 miliardi di metri cubi la necessità di invaso per soddisfare le esigenze del Paese al 1980. Attualmente la capacità è di 13,7 miliardi di metri cubi secondo i dati del Comitato Italiano Grandi Dighe, ma l' autorizzazione all'uso è di 11,9 miliardi.
Riccardo Valentini, dell’Università degli Studi della Tuscia, coordinatore progetto SU-EATABLE LIFE e membro dell’advisory board di Fondazione Barilla, spiega: "Sappiamo ormai che se vogliamo ridurre davvero il consumo di acqua uno dei modi più concreti per farlo sarebbe adottare diete più sostenibili. Un gesto semplice che però non sempre appare così facile compiere. Come Fondazione Barilla guidiamo il progetto europeo, SU-EATABLE LIFE, che mira proprio a promuovere l’adozione di menù sani e sostenibili a partire dalle mense aziendali e universitarie. L’iniziativa nasce per diffondere la cultura delle diete sostenibili, attraverso una prova su campo".
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