di Marianna Tramontano, Food and science consultant
Alimenti e fonti di contaminazione: ripercussioni sulle aziende
Negli ultimi anni il concetto di cibo ha subito una radicale trasformazione, attribuendogli non solo proprietà nutrizionali e sensoriali ma, anche un ruolo importante nel mantenimento della salute e del benessere psico-fisico, nonché nella prevenzione di alcune patologie. Tuttavia, gli alimenti possono nascondere molte insidie per la salute. Ci sono diversi punti critici nei processi di produzione alimentare che possono tradursi in rischi reali di differenti fonti di contaminazione. Fondamentali sono la corretta conservazione, la stabilità fisico-chimica e microbiologica, le modalità di cottura e il costante monitoraggio dei parametri di controllo per garantire la sicurezza.
È possibile individuare differenti tipologie di contaminanti; oltre alle più note contaminazioni batteriche, sono altrettanto diffuse contaminazioni da parte di parassiti, virus, funghi e micotossine che possono avere implicazioni per la salute dei consumatori. Di conseguenza, il rigoroso rispetto delle norme igieniche da parte del personale che lavora a contatto con gli alimenti durante le fasi di produzione, lavorazione, trasporto e stoccaggio è essenziale per garantire la sicurezza alimentare e prevenire le malattie di origine alimentare.
Non trascurabili sono anche le contaminazioni da allergeni o da corpi estranei, anch’esse spesso causa di mancanza di food safety.
L’industria alimentare è più complessa di quanto si possa immaginare. Dal campo alla tavola, il cibo passa attraverso numerosi processi di trasformazione, fino al confezionamento e trasporto e, tutti questi passaggi, possono comprometterne la qualità e sicurezza.
La segnalazione di un prodotto contaminato può determinare importanti ripercussioni sull’azienda, a partire soprattutto da quelle economiche e di immagine.
Uno studio del gruppo assicurativo Allianz ha determinato i costi dei richiami di prodotti. La ricerca Product Recall: Managing The Impact of the New Risk Landscape analizza un totale di 367 richieste di richiamo di prodotti da 28 Paesi in 12 settori tra il 2012 e la prima metà del 2017. La causa principale dei richiami è un prodotto o un design difettoso, seguito dalla contaminazione del prodotto. Il costo medio di un richiamo importante è di oltre 10,5 milioni di euro, con il costo di alcuni recenti grandi richiami che superano di gran lunga questo totale. L'industria alimentare e delle bevande è il secondo settore più colpito, con 16% delle perdite analizzate. Il costo medio di un richiamo significativo di un prodotto è di quasi 8 milioni di euro.
Prima in classifica, maggiormente colpita dai richiami, è l’industria automobilistica.
Gli allergeni non dichiarati (compresa l'etichettatura errata degli ingredienti) e gli agenti patogeni sono un grosso problema, così come la contaminazione da parti in vetro, plastica e metallo. Sì tratta di un costo particolarmente pesante e importante per molte aziende, che corrono anche il rischio di una cattiva immagine aziendale e quindi di un’ulteriore riduzione delle vendite.
Bisogna anche mettere in conto altri "costi nascosti" quali il tempo e le risorse dedicate ad indagare sulle cause del problema, eventuali fermi di produzione, risoluzione di tutti i problemi connessi e smaltimento dei prodotti richiamati.
Excursus dei richiami microbiologici
In primo luogo, è utile ricordare la definizione di Richiamo. Con tale termine, secondo la nota ministeriale del 31/05/2016, si intende "una procedura obbligatoria a carico dell’OSA (Operatore del Settore Alimentare prevista dall’art. 19 paragrafo 1 del Regolamento CE 178/2002): Se il prodotto può essere arrivato al consumatore, l’operatore informa i consumatori in maniera efficace e accurata del motivo del ritiro e, se necessario, richiama i prodotti già forniti al consumatore, quando altre misure non siano sufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute".
Quanto appena descritto si applica anche agli operatori economici di cui all’articolo 2 del Regolamento (CE) 1935/2004, responsabili della sicurezza di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (Nota Ministero della Salute - Procedure richiamo prodotti, 2016)
Nel 2021 sono state inviate al RASFF 863 notifiche per microrganismi patogeni, i quali, rimangono una categoria di pericolo molto importante nei prodotti alimentari, anche se il numero totale di notifiche a questo riguardo risulta in diminuzione rispetto agli anni precedenti.
Tre quarti delle notifiche trasmesse (641) erano dovute alla presenza di Salmonella. In quasi la metà di essi (334) la Salmonella è stata rilevata nella carne di pollame e nei prodotti a base di carne di pollame, principalmente di origine polacca (284). In modo considerevole il numero di notifiche (145) faceva riferimento alla categoria erbe e spezie (in 116 casi riguardava pepe nero del Brasile).

Listeria monocytogenes rappresenta il 16% delle segnalazioni relative a microrganismi patogeni negli alimenti. Le categorie alimentari interessate da queste notifiche sono state, come in passato, i prodotti di origine animale: latte e derivati (45 notifiche), carne e prodotti a base di carne, inclusa carne di pollame (37), pesce e prodotti della pesca (33).
89 notifiche sono state inviate per il rilevamento di Escherichia coli, di cui, 48 casi più gravi con tossina Shiga presente principalmente in prodotti a base di carne diversi dal pollame (33).
Norovirus è stato notificato in 16 casi (erano 50 nel 2020): 13 notifiche hanno riguardato molluschi bivalvi di cui 10 in ostriche (European Commission, 2021).
Passando al 2022, invece, il maggior numero di irregolarità notificate al RASFF dei prodotti di origine italiana era dovuto a microorganismi patogeni (35, pari al 22,2%), altre contaminazioni microbiologiche (29, pari al 18,4%) e, tra i contaminanti microbiologici, il maggior numero di notifiche ha riguardato Salmonella, Listeria monocytogenes ed Escherichia coli (Ministero della Salute, RASFF - Relazione annuale 2022).
E nel 2023?
Ad oggi, si contano poco meno di 80 richiami di prodotti alimentari a causa di contaminazione microbiologica, particolarmente concentrati durante i mesi più caldi dell’anno. I prodotti maggiormente coinvolti appartengono alle categorie: salumi, formaggi, prodotti a base carne e salse. Anche quest’anno i patogeni maggiormente ricorrenti sono Listeria monocytogenes, Salmonella, Escherichia coli.
Si riportano alcuni esempi (Salute.gov):
Sempre sotto la voce "Richiamo per rischio microbiologico" si può anche trovare il richiamo del prodotto Casa Modena a causa della mancanza del TMC per il prodotto Snack & Vai DISCHETTI DI MORTADELLA E TARALLINI (Casa Modena).
Rischi microbiologici: quali alimenti ne sono fonte e quali accorgimenti è bene adottare
Dai dati analizzati durante gli ultimi tre anni, si può notare come i patogeni ricorrenti siano Listeria monocytogenes, Escherichia coli e Salmonella. I tre patogeni sono frequentemente presenti in formaggi, salumi e carne fresca.
Molti microrganismi patogeni sono responsabili di intossicazioni alimentari derivanti sia dal consumo di alimenti contenenti microrganismi patogeni, sia da intossicazioni alimentari conseguenti all’ingestione di un alimento contaminato da una tossina prodotta da microrganismi che si sono moltiplicati all’interno dell’alimento stesso (Bhunia, 2018). Ogni batterio ha un proprio meccanismo d'azione e può attaccare l'organismo solo se sono in grado di potersi moltiplicare abbondantemente in particolari alimenti.
L'intossicazione alimentare causata da Salmonella si manifesta con gastroenterite iperacuta, causata dall'aggressione alla parete intestinale da parte dei batteri e inizia con dolore addominale, nausea, vomito, diarrea, febbre e mal di testa. La carne ne rappresenta sicuramente un esempio in quanto può essere contaminata all'origine della filiera alimentare in quanto non sempre l'infezione da Salmonella è tempestivamente e correttamente diagnosticata negli animali da allevamento (Proroga et al., 2019).
Per prevenire l'avvelenamento da Salmonella, bisogna conservare i prodotti a bassa temperatura fino al momento della cottura e, se è necessaria la preparazione anticipata di un pasto, il pasto pronto deve essere conservato a temperatura di frigorifero o in banco caldo ad una temperatura tra i 60 °C e i 63 °C per evitare che la Salmonella possa moltiplicarsi. La contaminazione può avvenire anche dopo la cottura attraverso il contatto con superfici e contenitori di utensili da cucina precedentemente contaminati dalla carne cruda. Anche le preparazioni quali maionese, panna, creme ecc. possono essere contaminate, sia perché preparate con uova contenenti Salmonella sia a causa della loro manipolazione da parte di portatori sani (Kitazawa et al., 2019).
Listeria monocytogenes è un batterio patogeno, ampiamente diffuso nell’ambiente, nel suolo, nell’acqua e nella vegetazione. La sua capacità di crescere e riprodursi a temperature molto variabili (da temperature di refrigerazione sino a 45°C), nonché la sua capacità di tollerare ambienti salati e pH acidi lo rendono un batterio molto resistente a varie condizioni ambientali, incluse quelle che si hanno nella produzione e nella lavorazione degli alimenti. In condizioni favorevoli, Listeria monocytogenes può crescere nell’alimento contaminato fino a raggiungere concentrazioni tali da causare un’infezione nell’uomo. Per queste sue caratteristiche, Listeria monocytogenes rappresenta un pericolo per i prodotti pronti al consumo, i ready-to-eat, e i prodotti con una lunga shelf life mantenuti a temperature di refrigerazione.
Gli alimenti principalmente associati alla listeriosi comprendono: pesce affumicato (es. salmone), prodotti a base di carne (paté di carne, hot dog, carni fredde tipiche delle gastronomie), formaggi a pasta molle, formaggi erborinati, formaggi poco stagionati; vegetali preconfezionati e latte non pastorizzato.
Poiché Listeria monocytogenes è considerato un contaminante di filiera, un’adeguata gestione dei processi e degli ambienti produttivi, nonché la corretta manipolazione degli alimenti, rappresentano i cardini della strategia di controllo a tutela della salute pubblica (Istituto Superiore di Sanità).
Nel 2000 i CdC (Center for Disease Control and Prevention) hanno messo in evidenza che la Listeria è il patogeno alimentare con il più alto tasso di ospedalizzazione (90,5% dei casi) e al secondo posto come mortalità. La listeriosi è seconda solo alla salmonellosi come causa più frequente dei decessi correlati alle infezioni di origine alimentare in Europa e Stati Uniti (MMWR, 2013).
Molto diffuso è anche l’Escherichia coli. La sua eliminazione avviene attraverso le feci, che rappresentano il principale mezzo di contaminazione di malattie di origine alimentare in prodotti come carni infette durante le fasi di lavorazione e non adeguatamente cotte, latte non pastorizzato, derivati del formaggio, verdure, prodotti ittici e altri alimenti contaminati da feci. Gli hamburger sono a rischio contaminazione perché il batterio, se presente, è in grado di penetrare in profondità nel macinato di carne ed è capace di resistere alla bassa temperatura di cottura a cui vengono normalmente sottoposti gli hamburger. L'assenza di Escherichia coli è richiesta come indicatore primario di assenza di contaminazione fecale nelle acque destinate al consumo umano, nelle acque termali, nelle acque di balneazione e in diverse matrici, quali alimenti e cosmetici (Jang et al., 2017).
Il recente caso verificatosi ad Ariano Irpino di una donna morta dopo aver mangiato una pizza con olio piccante, ha posto un iniziale allarme sul rischio del botulino che, in seguito agli esiti delle analisi, è stato smentito. Il sospetto attuale è che si tratti di una contaminazione di tipo chimico non ancora ben nota. Solo gli esami affidati al pool di esperti dell’Istituto Superiore di Sanità potranno chiarirne definitivamente le cause.
Ricordiamo che diversi sintomi e morbilità sono associati all’ intossicazione alimentare da Clostridium botulinum, un bacillo sporigeno e anaerobico che produce negli alimenti una potente neurotossina labile. I primi sintomi sono vertigini e modesti disturbi intestinali, senza febbre; successivamente insorgono sintomi neurologici. Il rischio di botulismo è elevato negli alimenti conservati in condizioni anaerobiche e con un pH di circa 4,6. Un tempo la malattia era spesso causata da insaccati e cibi in scatola poiché le modalità di preparazione non assicuravano la distruzione delle spore.
Oli ed altri prodotti di natura lipidica vengono generalmente utilizzati per la conservazione degli alimenti, ma sono soggetti a ossidazione e, se conservati a temperatura ambiente, potrebbero favorire la crescita di Clostridium botulinum e di forme sporogene, sia per fattori ambientali, quali ossigeno e temperatura e fattori intrinseci, come pH, concentrazione di sale, attività dell’acqua e struttura chimica del lipide stesso (Taylor et al., 2013). I prodotti infettati da Clostridium botulinum subiscono, moltiplicandosi, un’alterazione alimentare con produzione di gas. È prassi non consumare salse che presentino alterazioni, soprattutto se contenute in scatole con rigonfiamenti o barattoli con coperchi deformati.
Attualmente i prodotti industriali sono sottoposti a procedure che ne garantiscono la sicurezza alimentare; le marmellate e i prodotti casalinghi sott'olio sono da considerarsi potenzialmente pericolosi (Mazzobre et al., 2000).
Bibliografia
- Bhunia, A. K. 2018. Foodborne microbial pathogens: mechanisms and pathogenesis. Springer, New York, USA.
- Centers for Diseases Control and prevention (CDC). 2013. Heat-Related Deaths After an Extreme Heat Event - Four States, 2012, and United States, 1999–2009. Morbidity and Mortality Weekly Report, 62 (22) 433-456.
- Centers for Diseases Control and Prevention (CDC). 2014. CDC ListeriaInitiativeOverview_508; National Enteric Disease Surveillance: The Listeria Initiative. http://www.cdc.gov/listeria/pdf/ListeriaInitiativeOverview_508.pdf.
- Dolan, G. P., K. Foster, J. Lawler, C. Amar, C. Swift, H. Aird, & R. Gorton. (2016). An epidemiological review of gastrointestinal outbreaks associated with Clostridium perfringens, North East of England, 2012–2014. Epidemiology & Infection, 144(7), 1386-1393.
- European Commission, 2021.Annual Report Alert and Cooperation Network.
- Jang, J., H. G. Hur, M. J. Sadowsky, M. N. Byappanahalli, T. Yan, & S. Ishii. (2017). Environmental Escherichia coli: ecology and public health implications—a review. Journal of Applied Microbiology, 123, 570-581.
- Jordan, K., & McAuliffe, O. (2018). Listeria monocytogenes in foods. In Advances in Food and Nutrition Research, 86, 181-213. Academic Press.
- Kitazawa, H., H. Aoki, F. Ueda, T. Morita, & M. Mochizuki. Journal of Applied Microbiology. doi.org/10.1111/jam.14438.
- Mazzobre, M. F., Schebor, C., Burin, L., & Chirife, J., (2000). Survey of pH and water activity in acidified bottled vegetables and meats (home processed) in relation to the potential growth of Clostridium botulinum. Revista Argentina de Microbiologia, 32, 63-70.
- Ministero della Salute, RASFF – Relazione annuale 2022.
- Ministero della Salute.2016. Nota Ministero della Salute - Procedure richiamo prodotti
- Proroga, Y. T. R., Mancusi, A., Peruzy, M. F., Carullo, M. R., Montone, A. M. I., Fulgione, A. & Capuano, F. (2019). Folia Microbiologica, 64, 711-718.
- Taylor, R. H., M. L. Dunn, L. V. Ogden, L. K. Jefferies, D. L. Eggett, & F. M. Steele. (2013). Conditions associated with Clostridium sporogenes growth as a surrogate for Clostridium botulinum in nonthermally processed canned butter. Journal of Dairy Science, 96, 2754-2764.
- epicentro.iss.it/listeria/
- salute.gov
Foto di apertura: freepik
Foto Salmonella: WikiImages
RIPRODUZIONE RISERVATA ©Copyright FOOD&TEC
Condividi su: