A cura di Anna Manghisi
Sealed Air, multinazionale statunitense specializzata in soluzioni per l'imballaggio, nel 2017 ha commissionato a Planet Retail, azienda di market intelligence globale, uno studio che ha coinvolto cinque Paesi europei, Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Spagna, focalizzato sul tema dello spreco alimentare e sul ruolo che un imballaggio appropriato può avere al fine di ridurlo. Come per lo studio commissionato a Harris Poll sul comportamento dei consumatori i risultati sono stati pubblicati su "Cryovac White Paper - Sealed Air Food Care" e in questo articolo vengono riportati i dati di maggiore interesse.
In un suo studio dedicato al food waste nel mondo, FAO ha stabilito che l’impronta di carbonio (o carbon footprint ) degli alimenti prodotti e non mangiati fa dello spreco alimentare di tutto il mondo il terzo più alto emettitore di gas a effetto serra dopo USA e Cina; l'Europa non è da meno in quanto contribuisce con circa il 15% delle emissioni totali. Tale classificazione include tutti i passaggi che servono a produrre, raccogliere e confezionare gli alimenti: i punti vendita hanno quindi un ruolo fondamentale in tutto il processo e possono dare un prezioso contributo per cambiare la situazione attuale.
"L’obiettivo di questo documento è fornire ai retailer i messaggi e le strategie di cui potrebbero aver bisogno per migliorare la loro salute ambientale e aziendale", ha dichiarato Ed Roberts, direttore della sostenibilità EMEA di Sealed Air.
Le cause e i numeri della ricerca
Secondo lo studio di Planet Retail, come riportato nel grafico 1, sono in particolare quattro i fattori che contribuiscono all'aumento degli scarti presso i punti vendita: la scadenza (30%), il deterioramento (21%), i danni (19%) e la svalutazione (9%) che sommati rappresentano il 79% delle perdite totali.
Grafico 1 - Cause dell'aumento degli scarti nei punti vendita
In tutti i Paesi analizzati gli sprechi sono superiori al previsto con una preponderanza in Francia, Italia (per entrambe 37%) e in Spagna (31%), mentre si registrano perdite minori in Germania (20%) e Regno Unito (18%). Tali percentuali mostrano che questi due Paesi sono più organizzati nella prevenzione delle scadenze, nella gestione efficiente dei prodotti deperibili e nella riduzione dei costi.
Entrando nello specifico, si è cercato di determinare dove si registrano le percentuali più alte di spreco all’interno dei punti vendita in Europa e sono stati individuati due reparti in particolare: quello dei prodotti ortofrutticoli (33%) e quello di carne e pesce (25%). Tra i Paesi presi in esame dallo studio, Italia e Spagna confermano questi risultati con percentuali ancora più alte, come illustrato nel grafico 2.
Grafico 2 - Stima degli scarti presso il retail
Anche la crescente richiesta da parte dei consumatori di prodotti particolari (ad esempio privi di glutine o di lattosio oppure biologici) sta causando il costante aumento degli scarti alimentari.
Il 48% dei retailer conferma questa problematica e in Francia si arriva addirittura al 70%. Sono soprattutto le aziende con più punti vendita (oltre gli 11) a registrare un aumento degli scarti causati dalle nuove tendenze di mercato.
I retailer sono ormai consapevoli dei numeri che si registrano ogni anno e delle conseguenti ricadute economiche, ridurre lo spreco alimentare è ritenuto una priorità (estremamente importante o molto importante) sia dai dirigenti della sede centrale dell’azienda sia dai responsabili dei punti vendita.
Il 95% dei retailer in quattro dei cinque Paesi esaminati (Regno Unito, Germania, Spagna e Italia) afferma che ridurre lo spreco alimentare è la maggiore preoccupazione.
Soprattutto in Spagna e in Italia la diminuzione degli scarti è al primo posto tra le questioni da risolvere (rispettivamente 90 e 100%) anche a causa di infrastrutture spesso datate, dai costi energetici e di controllo elevati, che creano un ulteriore problema alla gestione corretta ed efficiente dei prodotti alimentari. Le problematiche non finiscono qui perché, oltre ai reparti, alle tendenze di mercato e allo stato delle strutture, un ruolo molto importante nella questione dello spreco alimentare è ricoperto dalle dinamiche aziendali.
In quasi la metà (49%) dei retailer europei, gli addetti alla gestione delle scorte controllano la data di vendita e la data di scadenza; il 44% sostiene che tale responsabilità sia condivisa con i capireparto e il 45% dichiara che anche ai responsabili dei punti vendita spetta tale compito.
Emerge quindi una cronica mancanza di comunicazione e di chiara attribuzione dei ruoli che spesso incrementa le criticità già esistenti e ne frena la risoluzione.
Maggiori guadagni e ritorno d’immagine
I retailer europei stimano che i loro guadagni aumenterebbero in media del 22% se si riuscisse a eliminare lo spreco alimentare derivante da deterioramento, scadenza ravvicinata, imballaggio danneggiato e svalutazioni. Come illustra il grafico 3, oltre un terzo dei rivenditori europei ritiene che i profitti potrebbero aumentare tra il 21 e il 50%.
Grafico 3 - Aumento stimato dei profitti riducendo gli scarti
Le aziende con meno di 10 punti vendita calcolano che i profitti aumenterebbero del 16% mentre quelle più grandi quantificano un guadagno più alto, pari al 22%.
Nello specifico il 27% delle aziende con fatturati compresi tra 100 e 500 milioni di euro (£100 milioni e £500 milioni nel Regno Unito) sostiene che i profitti aumenterebbero se si riducessero deterioramento, scadenza ravvicinata, imballaggio danneggiato e svalutazioni. La stessa opinione è espressa dal 23% delle aziende con fatturati che si aggirano tra 500.000 e 1 milione di euro (£500.000 e £1 milione Regno Unito).
Come emerso dallo studio 2016-2018 commissionato da Sealed Air a Harris Poll, oltre all’aumento dei guadagni le aziende della grande distribuzione potrebbero registrare anche un miglioramento della loro reputazione agli occhi dei consumatori se utilizzassero imballaggi riciclabili e in grado di garantire una maggiore durata e conservazione dei prodotti alimentari a patto di comunicarlo ai consumatori.
“A fronte delle pressioni deflazionarie, dell’aumento dei discount e dei margini più stretti, cresce vertiginosamente il bisogno di raggiungere l’efficienza in termini di costi e migliorare la redditività. Tutti i retailer avvertono tale pressione. È necessaria una maggiore consapevolezza del nesso tra la riduzione degli sprechi e un migliore rendimento affinché l’implementazione di soluzioni diventi una priorità più importante”, spiega Ed Roberts, Direttore della sostenibilità EMEA presso Sealed Air.
L'importanza del giusto packaging
Allo stato attuale per i retailer non è facile stabilire quale sia la soluzione migliore per risolvere il problema dello scarto, tuttavia sono state definite quelle su cui lavorare maggiormente per renderle applicabili: al primo posto, come riportato nel grafico 4, c’è una migliore refrigerazione durante il trasporto (93%), poi una migliore refrigerazione nei punti vendita (88%), segue l’utilizzo di imballaggi migliori.
Grafico 4 - Fattori di importanza per ridurre al minimo lo spreco in Europa
“Una migliore refrigerazione, sia in negozio o durante il trasporto, richiede notevoli investimenti di capitale e aumentare gli additivi va contro la tendenza favorevole ad alimenti del tutto naturali”, commenta Ed Roberts di Sealed Air. Conviene spostare l’attenzione sulla terza soluzione in quanto può portare buoni risultati in breve tempo e con minore sforzo economico. Del resto la capacità degli imballaggi di contribuire sensibilmente a risolvere lo spreco alimentare è riconosciuta dai retail in tutta Europa.
L'89% delle aziende con meno di 10 negozi ritiene che gli imballaggi siano importanti per ridurre lo scarto, opinione condivisa dall’88% dei grandi retailer . Nelle sedi centrali (94%) e nei negozi (87%), anche i dirigenti concordano con tali risposte.
Un miglioramento del problema si può registrare già aumentando la she lf life dei prodotti e infatti, il 95% dei responsabili e dei dirigenti di punti vendita dichiara che solo prolungando di 5 giorni la durata di conservazione degli alimenti si possono ridurre gli scarti e l’89% ritiene che estenderla di altri 3-4 giorni può avere un impatto positivo (grafico 5).
Grafico 5 - Ricadute positive con il prolungamento della shelf life
L’estensione della shelf life porterebbe così anche a un aumento della redditività dei punti vendita e per questo motivo l’89% dei dirigenti e responsabili in Europa ritiene che la propria azienda sarebbe disposta a pagare di più i prodotti con una vita media prolungata di 5 o più giorni. Sono soprattutto i retailer in Italia (97%) e Spagna (95%) ad affermarlo.
Imballaggi monouso essenziali e non essenziali
Dopo aver esaminato varie soluzioni di packaging e di formati come possibile aiuto alla riduzione degli scarti, i retailer hanno stabilito che il solo modo per far diminuire lo spreco di prodotti e le perdite economiche sia utilizzare un imballaggio che prolunghi il periodo di conservazione e mantenga la freschezza e la qualità dei cibi deperibili per più tempo, indicando con chiarezza la data di scadenza.
Alcuni tipi di plastica e di imballaggi parzialmente plastici consentono già di arrivare a tali risultati e per questo motivo vengono definiti imballaggi monouso essenziali. Lo sono, ad esempio, quelli che prevedono una barriera all’ossigeno o un assorbitore di ossigeno capace di estendere la durata di conservazione.
A causa delle problematiche legate al loro riciclo, si stanno studiando soluzioni che portino alla diminuzione dell'utilizzo di alcune parti in plastica ma i risultati non sono ancora soddisfacenti. Per questo motivo si sta anche valutando la giusta dimensione degli imballaggi da utilizzare al fine di ridurre l’impiego di materiale di difficile riciclo.
Per iniziare ad applicare misure concrete per migliorare la situazione attuale è importante quindi stabilire quali siano gli imballaggi monouso essenziali, quali quelli non essenziali e come poterli smaltire correttamente.
I primi comprendono le confezioni che garantiscono la sicurezza alimentare, mantengono le qualità del prodotto e ne aumentano la durata di conservazione. Tra quelli non essenziali ci sono i sacchetti che servono per portare dal negozio a casa i prodotti acquistati, le cannucce e tutti gli oggetti che si possono sostituire con prodotti realizzati in altro materiale.
Per Sealed Air, questa ricerca chiarisce il motivo per cui il ruolo dell’imballaggio di plastica deve essere suddiviso tra imballaggio essenziale e non essenziale, in modo che le aziende di trasformazione, i retailer e i consumatori possano fare le opportune distinzioni e agire di conseguenza, contribuendo così alla sostenibilità ambientale e al tempo stesso alla riduzione dello spreco alimentare.
Che fare?
I retailer possono svolgere un ruolo importante nel comunicare le azioni virtuose che possono dare una risposta al problema degli imballaggi plastici da smaltire e allo spreco alimentare da ridurre, ma per far sì che i risultati siano duraturi bisogna coinvolgere tutti gli attori della catena informandoli e rendendoli partecipi delle innovazioni e dei risultati.
Prendiamo in considerazione cinque raccomandazioni tratte dagli studi di Retail Planet e Harris Poll, commissionati da Sealed Air tra il 2016 e il 2018.
1. Colpire lo spreco alimentare dove è più importante
I retailer devono essere consapevoli della realtà dello spreco alimentare e dell''impatto che ha sul loro lavoro, sulla loro redditività e sulla loro reputazione. Sebbene i dati mostrino chiaramente che i punti vendita non sono la parte principale del problema in termini di contributo, questi rivestono un ruolo molto importante nell’adozione di alcune misure correttive. Come abbiamo visto, molte aziende hanno stabilito quali sono i reparti alimentari con le maggiori percentuali di spreco, è bene quindi partire da qui e proseguire aggiungendo la conoscenza delle problematiche legate agli imballaggi e alla conservazione degli alimenti oltre alla comunicazione tra i lavoratori di ogni reparto. Combinando tra loro le varie misure è possibile lavorare al meglio, comunicare correttamente i risultati raggiunti e conquistare una posizione di privilegio in un settore molto competitivo.
2. Analizzare come l’imballaggio può contribuire all a freschezza e a un’economia circolare
Per soddisfare questo interrogativo bisogna rispondere ad alcune domande:
L’imballaggio ottimizza la durata di conservazione in tutta la catena del valore per minimizzare deterioramenti nel punto vendita e garantire ai consumatori almeno 1-3 giorni per il consumo a casa? Offre una barriera all’ossigeno? È auspicabile una barriera antiodore? Quanto sono affidabili le saldature? È a prova di perdite per eliminare qualsiasi rischio dovuto a contaminazione?
La dimensione e il formato sono ottimizzati per l’esposizione sugli scaffali? Può migliorare la sua efficienza operativa e ridurre le rotture di stock ?
Quali prestazioni offre l’imballaggio rispetto alle esigenze dei consumatori? Capacità ottiche superiori per vedere chiaramente la qualità degli alimenti? Una facile apertura? I film si staccano in un unico pezzo, eliminando il rischio di eventuali frammenti nel cibo? Si richiude bene dopo diverse aperture?
L’imballaggio è adatto al microonde e al forno tradizionale? Ha un sistema di autoventilazione?
Inoltre bisogna considerare come l’imballaggio può ridurre l'impatto ambientale e condurre a una maggiore circolarità chiedendosi:
Utilizza meno plastica rispetto alle alternative, comprende materiali rinnovabili o contenuti riciclati? È totalmente riciclabile dal consumatore? Il fornitore di imballaggi pratica attivamente il riciclaggio nelle proprie strutture di produzione? La creazione dell’imballaggio riduce la materia plastica tramite l’assenza o la riduzione di scarti?
Di quanti micron è la struttura dell’imballaggio e quali sono le sue prestazioni in termini di integrità della confezione? Che prestazioni ha in confronto ai formati alternativi per i prodotti alimentari confezionati sul punto vendita? La confezione è ottimizzata nelle dimensioni in modo che un eccesso di imballaggio venga ridotto al minimo?
Ci sono altri vantaggi dalla dimensione della confezione che contribuiscono a creare un ambiente più pulito, come la migliore cubatura per il trasporto o un numero maggiore di confezioni in casse refrigerate che possano ridurre l’impronta di carbonio?
3. Acquistare entro le date di scadenza
Per i retailer e i consumatori ci sono molti vantaggi se c'è chiarezza sui significati delle date stampate sulle confezioni dei prodotti. Anche se facilitano le operazioni di controllo e di inventario, le date di produzione possono confondere i clienti. Invece una chiara etichettatura relativa alla scadenza può aumentare i tempi entro cui i consumatori possono acquistare e consumare i prodotti al di là di quanto indicato dalla data di produzione. Per i fornitori di imballaggi e i retailer , mettere in maggiore evidenza la data di scadenza può portare un aumento delle vendite visto che oltre il 70% dei consumatori intervistati nello studio del 2018 sullo spreco alimentare dichiara di voler vedere questa informazione stampata più chiaramente sulle confezioni.
4. Capire che la praticità è importante e può consentire la riduzione dello spreco alimentare
A causa dei ritmi di vita sempre più veloci, i consumatori cercano nei prodotti da acquistare praticità ma anche rispetto per l’ambiente. L’imballaggio monouso, che garantisce la sicurezza alimentare e mantiene a lungo la qualità del prodotto evitando lo spreco, risponde a queste aspettative.
Per tale motivo è importante che le innovazioni legate al packaging vengano adottate quanto prima in tutti i reparti anche perché lo studio di Planet Retail ha dimostrato che, oltre alla prevenzione dei danni, l’estensione della durata di conservazione sia un elemento fondamentale nella lotta allo spreco alimentare. Ad esempio il confezionamento in atmosfera modificata (MAP) e quello sottovuoto skin (VSP) rispondono meglio alle richieste di mercato rispetto al film in PVC. Ogni innovazione deve essere comunicata con chiarezza al consumatore senza tralasciare un altro aspetto importante ovvero la cura del pack appeal del prodotto che può garantire un maggiore successo nelle vendite per il retailer .
5. Informare per vendere
Informare i consumatori sui vantaggi degli imballaggi utilizzati per i prodotti in vendita deve risultare semplice e chiaro. Si possono utilizzare volantini o altri materiali che illustrino i benefici e i punti di forza del packaging con frasi che suscitino interesse nel cliente come “Mantiene gli alimenti più freschi più a lungo”, “A tenuta ermetica”, “Vassoio riciclabile”, “Sicuro in congelatore” ecc.
Se l’imballaggio cambia è bene mettere in risalto la novità in quanto i consumatori potrebbero notarlo ma potrebbero non essere spinti all'acquisto se non informati in maniera adeguata.
I retailer possono ulteriormente rafforzare la loro reputazione di azienda informando i consumatori sul perché stanno operando determinate scelte quando si tratta di sicurezza alimentare e di riduzione dello spreco, sempre contenendo al minimo la quantità di imballaggi essenziali monouso di plastica utilizzati.
Sealed Air è impegnata a promuovere un reale cambiamento e ha lanciato il programma 2025 Sustainability and Plastics Pledge per fornire soluzioni di imballaggio ai retailer e ai loro partner che possano avere un migliore impatto a lungo termine e promuovere l'economia circolare. Sealed Air ha aderito all’iniziativa New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation e di recente ha sottoscritto il New Plastic Economy Global Commitment .
Fonti. Nel 2017, Sealed Air ha commissionato a Planet Retail, azienda di market intelligence globale, uno studio tra 200 dirigenti e responsabili di punti vendita di prodotti alimentari in Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna. La ricerca è stata condotta per valutare la prevalenza degli scarti nei punti vendita e la misura in cui i retailer ritengono che l’imballaggio possa aiutare a ridurli.
Tutti gli intervistati erano impiegati a tempo pieno nel settore della distribuzione alimentare, con la stragrande maggioranza di quadri (59%) e dirigenti (39%) che lavorano in grandi aziende con oltre 500 dipendenti (83%). La maggior parte degli intervistati (85%) ha contribuito all’organizzazione o all’acquisto di alimenti freschi (carne, pesce, specialità gastronomiche, prodotti da forno, prodotti vegetali) o prodotti surgelati. I dati relativi allo spreco alimentare e le azioni intraprese provendono da ricerche e analisi di ONU e FAO ; Flash 425 Eurobarometro di TNS ; Fusions e FoodDrinkEurope .
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