di Valentina Oldani
L'italianissima I-AER, Institute of Applied Economic Research, ha svolto una ricerca su un campione di 541 PMI del settore Food & Wine in cui operano più di 1 milione di imprese iscritte alle Camere di Commercio, che danno impiego a oltre 2 milioni di addetti, generando un giro d’affari di 478 miliardi di euro all'anno. Lo studio era volto a capire i punti deboli del settore; ma prima di analizzarli, ricapitoliamo i tanti punti di forza.
La seconda manifattura del Paese in un contesto ideale
L’industria alimentare italiana è la seconda del Paese dopo quella metalmeccanica.
Le filiere del cibo e del vino, che da sole valgono il 17% del Prodotto interno lordo e rappresentano uno dei cinque pilastri del nostro Paese insieme ad arredo design, automazione industriale, abbigliamento moda, accoglienza turismo, sempre di più saranno volano di sviluppo per l’intero Sistema-Italia.
Ci spiega I-AER che se tra le industrie del made in Italy, il Food & Wine è tra le più rinomate al mondo, il comparto dell’accoglienza lo affianca. Questo binomio diventa ancora più importante se si prendono in considerazione i pilastri su cui l’Italia ha costruito il suo posizionamento competitivo nel tempo, vale a dire: qualità dei prodotti, dinamismo delle piccole imprese, peculiarità dei territori, la cultura e l’arte.
L’Italia è anche il primo produttore al mondo di prodotti tipici di qualità, con il più alto numero di DOP, IGP, STG.
Inoltre, il settore Food & Wine si è dimostrato il più resiliente alla crisi Covid-19 tra tutti i settori della manifattura italiana, con una riduzione del valore aggiunto pari a 1,8% nel 2020, rispetto al -8,9% del totale dell’economia italiana.
I punti deboli: pigrizia, mancanza di strategia, scarse competenze gestionali
Sappiamo anche che l'agroalimentare comprende settori fortemente export oriented, grazie all’apprezzamento del made in Italy nel mondo. E allora, quali sono le criticità? Cosa si può migliorare?
"Un primo elemento spesso ignorato - spiega Veronica Laurenza, a capo del team di ricercatori di I-AER - è l’alta dipendenza da pochi prodotti chiave. Ciò è confermato dai dati sull’export che, se analizzati attentamente, mostrano un fatto allarmante: nel Food & Wine circa il 50% di ciò che l’Italia esporta è rappresentato, in volume, da soli 12 prodotti. Se si pensa alla vastità della gamma d’offerta citata, si intuisce agevolmente una certa pigrizia commerciale da parte delle imprese italiane che, si ricorda, sono di piccole e medie dimensioni in oltre 98 casi su 100."
"Un’ulteriore dipendenza - prosegue Laurenza - viene riscontrata anche in termini di mercati di sbocco: oltre il 67% dei prodotti italiani viene acquistato dai nostri vicini di casa Francia, Germania e Svizzera su tutti. Anche in questo caso il fenomeno descritto è presto spiegato da una ormai storica bassa propensione all’esplorazione di nuovi mercati e da uno scarso livello di digitalizzazione delle pratiche di sviluppo commerciale (es. e-commerce). Ma la dipendenza da pochi prodotti e mercati, sono sufficienti a spiegare le difficoltà strutturali di un comparto così strategico? Assolutamente no".
Su un campione di 541 PMI operanti nel settore Food and Wine preso in esame dall’istituto di ricerca I-AER, sono soprattutto tre le principali cause del basso livello di competitività riscontrabile nel periodo 2018-2022. In particolare:
- la mancanza di una strategia aziendale ben strutturata e condivisa
- un’organizzazione aziendale spesso lacunosa e quindi fonte di problemi che minano la crescita delle imprese
- un controllo economico-finanziario non sufficiente a garantire redditività e prosperità. Ciò accade in oltre il 78% dei casi analizzati.
Ed è proprio sul tema economico-finanziario che, a parere di I-AER, si ravvisa la principale criticità del comparto Food & Wine: oltre 6 imprese su 10 non sono dotate di competenze gestionali utili a stimare la reale marginalità sui prodotti e servizi offerti. Come se non bastasse, testimonia la ricerca condotta da I-AER, questa scarsa attenzione ai conti aziendali è spesso foriera di una mancanza di liquidità, purtroppo strutturale nel campione analizzato, a cui si accompagna una importante dipendenza dal debito bancario.
Questo non è solo un problema tecnico. Secondo gli studi effettuati dal team di ricerca di I-AER, "la criticità è soprattutto di natura culturale. Solo creando una base di conoscenza gestionale all’interno del comparto Food & Wine sarà possibile risanare in modo strutturale un comparto che rappresenta il biglietto da visita del nostro Paese ed è, a ragion veduta, considerato come un volano di sviluppo strategico per settori ad esso adiacenti come il turismo, la moda, l’arte e lo sviluppo dei territori".
Photo by Mae Mu
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